Le Regioni servono davvero? Se lo chiedeva ieri il vicedirettore del Corriere della Sera Daniele Manca. La sua risposta è che in fondo, più che abolire le istituzioni o trasferire le competenze da una all’altra, l’importante è che esse siano ben governate: contano «l’etica e i comportamenti di chi [le] gestisce».
Le domande sulla reale utilità di alcuni enti territoriali tornano periodicamente alla ribalta, generalmente quando uno o alcuni di questi rivelano all’improvviso grandi “buchi” di bilancio, oppure quando dal governo centrale arrivano tagli ingenti alle risorse. La domanda sulle Regioni non sfugge a questa regola, guadagnandosi spazio in questi giorni a causa della denuncia della Conferenza delle Regioni presieduta da Sergio Chiamparino (si è dimesso da questa carica in questi giorni), che è anche presidente del Piemonte, in cui si segnala il pericolo di tenuta del sistema di fronte ai numeri contenuti nella legge di Stabilità.
La cifra della discordia ammonta a circa un miliardo di euro, che secondo Chiamparino è in grado di fare la differenza per poter continuare a erogare i servizi sanitari garantiti dal Servizio sanitario nazionale. «“Questa è la cifra che fin dall’inizio abbiamo indicato al governo e su questo non possiamo cambiare idea” – riporta un articolo su Left –. Senza quelli si rischia di non poter acquistare i farmaci salvavita necessari e “di dover dire no” a qualche malato. Oppure c’è la possibilità che alcune Regioni decidano di aumentare i ticket o le imposte locali, rovinando così l’effetto “vi ho abbassato le tasse” che il governo cerca con la manovra in discussione». Secondo i dati della Conferenza, nel triennio 2016-2018 i tagli ai ministeri diminuirebbero del 45 per cento, mentre quelli alle Regioni registrerebbero un aumento dell’80 per cento. «Per la sanità il patto per la salute 2014-16 prevedeva per il 2016 oltre 115 miliardi, a seguito delle ultime leggi di stabilità l’entità prevista per il fondo è scesa a 111 miliardi stabilendo un incremento rispetto al 2015 di 1 solo miliardo». Secondo la Corte dei conti quest’ultima cifra va ulteriormente abbassata a 500 milioni.
C’è qualcosa di strano in questi numeri perché, come fa notare anche il Sole 24 Ore, è «difficile da capire come da un monte risorse di 110 miliardi le Regioni possano fare una battaglia per un miliardo di taglio». La realtà è che la spesa delle Regioni negli anni è aumentata a dismisura, ma a questo non è corrisposto un miglioramento dei servizi offerti, soprattutto in campo sanitario. «La spesa corrente delle regioni è passata da 107.658 milioni nel 2001 a 152.970 milioni nel 2013 – secondo il Sole –. Gran parte delle spese regionali sono legate a personale e servizi: la spesa media italiana pro capite per il personale è di 86,4 euro e per i servizi è di 103,4 euro (media decisamente innalzata dalle spese delle regioni a statuto speciale)».
Attualmente otto Regioni sono in “piano di rientro” (cioè in deficit e in attesa di un decreto “Salva-Regioni”): «Lazio, Abruzzo, Campania, Molise, Sicilia, Calabria, Piemonte, Puglia. Le Regioni per cui, attualmente, è anche previsto un commissario ad acta per la prosecuzione del Piano di Rientro sono invece Abruzzo, Calabria, Campania, Lazio e Molise». Un decreto è effettivamente in discussione, ma non se ne sa ancora molto e quindi le Regioni tengono alta la tensione. «Il decreto non offrirebbe nuovi soldi cash, ma permetterebbe di ripianare in 30 anni i disavanzi (9 miliardi di euro secondo le stime circolate in queste settimane) che si sono aperti negli anni scorsi dalla gestione dei fondi sblocca-debiti, anticipati dal Governo per consentire alle Regioni di pagare le fatture arretrate, ma dirottati in molti casi ad aumentare gli spazi di spesa corrente».
Difficile farsi un’opinione di fronte a questa pioggia di dati, rivendicati o promessi. Il sospetto è però che dietro tutta la faccenda ci siano i soliti delicati equilibri politici (tutti interni al Pd in questo caso), e che il presidente del Consiglio, Matteo Renzi, stia mandando dei segnali per far capire alle Regioni qual è il prossimo ente da “rottamare”. «Le Regioni all’attacco e i Comuni soddisfatti. Chiamparino sul piede di guerra, Fassino (Piero, sindaco di Torino, ndr) che promuove la legge di Stabilità. Entrambi del Pd ma di amministrazioni locali diverse e questo potrebbe raccontare qualcosa del calcolo politico di Renzi su questa manovra. Sacrificare i Governatori a vantaggio dei sindaci è una scelta che ha molto a che fare con la visione del premier».
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