Camminare in montagna, o comunque in mezzo alla natura, è ritenuta una delle attività più salutari e meno impattanti per l’ambiente. Eppure, a rovinare tutto, ci si mettono le sostanze rilasciate dall’abbigliamento di montagna, almeno quello prodotto da alcuni marchi.
Secondo una ricerca di Ethical Consumer, citata dal Guardian, gli escursionisti potrebbero inavvertitamente danneggiare l’ambiente e mettere a rischio la propria salute indossando indumenti impermeabilizzati con i cosiddetti “forever chemicals”.
La rivista ha esaminato 27 aziende che producono abbigliamento per l’outdoor, come pile, giacche impermeabili, scarponi e zaini, e ha scoperto che l’82% utilizza ancora sostanze per- e polifluoroalchiliche, o PFAS.
Alcune sostanze chimiche classificate come PFAS, prosegue il Guardian, sono state collegate a problemi di salute, tra cui aumento del colesterolo, problemi di fertilità, disturbi del sistema immunitario e alcuni tipi di cancro. Sono utilizzate nei prodotti di consumo fin dagli anni ’50 e possono impiegare centinaia di anni per degradarsi, contaminando il suolo e le riserve idriche.
Ci sono dei marchi che sostengono di non usare PFAS nei loro prodotti, come Páramo e Finisterre. Fjällräven, Alpkit, Lowe Alpine e Patagonia sono invece “per lo più privi” di PFAS e insieme a più di una dozzina di altre aziende, dichiarano di voler eliminare del tutto l’uso di PFAS l’anno prossimo. Quasi la metà delle aziende analizzate da Ethical Consumer non aveva invece fissato alcuna data per l’eliminazione graduale dei PFAS.
Secondo Fidra, un’associazione ambientalista che mira a ridurre i rifiuti di plastica e l’inquinamento chimico, esistono più di 10 mila sostanze chimiche classificate come PFAS. Quelle utilizzate nelle attrezzature per l’outdoor aiutano i tessuti a respingere l’acqua, facendo scivolare via il liquido.
Il processo di invecchiamento del materiale fa sì che gli escursionisti che indossano l’attrezzatura per l’outdoor disperdano alcune delle sostanze chimiche nell’ambiente, anche se la maggior parte dell’inquinamento da PFAS si verifica durante la produzione delle sostanze chimiche, quando vengono applicate ai tessuti, e quando un prodotto viene gettato via.
I PFAS sono stati trovati nei fiumi, sulle pendici del Monte Everest e in oltre 600 specie di animali selvatici, dagli orsi polari ad alcuni tipi di cetacei.
Solo in Europa, prosegue il Guardian, sono noti almeno 23 mila siti di contaminazione, 2 mila dei quali sono considerati “hotspot” di PFAS, ossia aree in cui le concentrazioni sono considerate pericolose per la salute. Alcuni di essi si trovano anche in Italia.
L’attrattiva dell’uso dei PFAS è che possono rendere i tessuti resistenti alle macchie e all’acqua. Vengono inoltre utilizzati per produrre padelle antiaderenti, frigoriferi, motori a reazione e dispositivi elettrici. La scelta di eliminare un potenziale punto di forza può essere una decisione difficile da prendere per alcune aziende. Keen, i cui scarponi da trekking sono privi di PFAS dal 2018, ha dichiarato che “aveva solo bisogno di qualcosa che fosse efficace nel respingere l’acqua e lo sporco” piuttosto che “macchie, grasso e olio motore”.
(Photo by Holly Mandarich on Unsplash)
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