Dopo l’allarme sui vaccini, prendiamo posizione su un’altra questione controversa in merito alle strategie di cura della persona: l’omeopatia. Secondo uno studio del National Health and Medical Research Council, il più importante istituto di ricerca australiano, essa è inefficace per il trattamento di qualsiasi patologia. «La ricerca si è basata sullo studio di 255 paper scientifici sugli effetti dell’omeopatia nel trattamento di diverse malattie ed è stata rivista da un gruppo di ricercatori indipendente, che ne ha sottoscritto la validità», riportava il Post a marzo.

Il documento ha confermato ciò che la comunità scientifica aveva già accettato, ossia che non esistono prove di una qualche reale efficacia dei farmaci omotossicologici nella cura delle malattie. Ciò che può scattare nel paziente, al più e solo in alcuni casi, è il noto effetto placebo, per cui la persona si convince di stare assumendo un farmaco efficace e quindi il suo corpo ha una risposta che lo rende capace di riprendersi più velocemente da un problema. Nonostante questo, il gruppo di scienziati conferma che non c’è alcun principio attivo nei “farmaci” omeopatici.

Per capire meglio la questione, occorre risalire alla nascita dell’omeopatia, che si deve al medico tedesco Samuel Hahneman, che nel 1796 propose le sue teorie alla comunità scientifica. L’omeopatia è basata su due pilastri, ossia la legge dei simili e l’utilizzo di quantità infinitesimali di principi curativi. La prima si fa risalire a Ippocrate ed è sostanzialmente il principio per cui, per sconfiggere un malanno, si deve dare al corpo una sostanza simile al malanno stesso, che possa prenderne il posto e poi sparire. Il secondo sostiene che per fare aumentare l’efficacia del trattamento si debbano introdurre quantità microscopiche di tale medicamento, attraverso una serie di diluizioni che ne cancellano praticamente ogni traccia nel farmaco che il paziente assume. Sui prodotti spesso è anche indicato il livello di diluizione: «Se per esempio c’è scritto 15C significa che una parte di “principio attivo” è stata diluita per 15 volte in 99 parti diluenti, per un totale di 10015».

È abbastanza chiaro che nel prodotto finale non resti più nulla, se non l’acqua e lo zucchero che viene utilizzato come sostanza neutra per ottenere dei preparati solidi. Anzi, come ha scritto recentemente la scienziata Yvette D’Entremont su Slate, spesso tali prodotti contengono sostanze nocive, come arsenico e belladonna. Alcuni preparati contengono invece come ingrediente “inattivo” l’etanolo, cioè lo stesso ingrediente contenuto in taluni superalcolici.

Ieri Chiara Lalli, su Internazionale, ha pubblicato un articolo in cui si interroga sull’opportunità che un ministro della Salute scriva una prefazione a un libro che elogia l’omeopatia, coma ha fatto Beatrice Lorenzin sull’ultimo lavoro di Giovanni Gorga, presidente di Omeoimprese. Seppure infatti ognuno è libero di curarsi come vuole, dai rimedi della nonna a quelli dell’ultimo santone, non è il massimo concedere una legittimazione ufficiale a una disciplina che non ha alcuna evidenza scientifica. Certo, fa notare Lalli, Lorenzin aggiunge tra le righe che «Questa metodica di cura vede ancora aperta la questione del suo riconoscimento». Il fatto che si tratti di una cura è però ancora tutto da dimostrare, ed è piuttosto grave che il ministro contribuisca a riaprire la questione. Anche perché, per ogni teoria bizzarra che si affaccia al mondo scientifico, sono poi necessari ulteriori studi per dimostrarne la validità, che hanno un costo e richiedono tempo. «Quante ricerche ci vogliono per dimostrare che l’omeopatia non cura?», si chiede Lalli. Molte persone investono i propri soldi in prodotti che non hanno la minima efficacia, e ora il ministro della Salute dà loro un’ulteriore conferma del fatto che stanno investendo bene il proprio denaro.

Purtroppo va detto che, come scrive Tullio De Mauro, l’Italia è un Paese in cui molte persone non hanno gli anticorpi culturali per evitare certe bufale: «Con il suo 40 per cento di adulti succubi di maghi e guaritori, e una scuola media superiore gravemente deficitaria, non sorprende che l’Italia abbia il 70 per cento di incompetenti e con la Spagna occupi l’ultimo posto nella graduatoria internazionale». Non c’è da stupirsi, l’uomo da sempre ha cercato di ricondurre la complessità del mondo a spiegazioni abbastanza semplici da essere comprese. Per il tuono ha creato il dio del tuono, per i maremoti quello del mare, e via dicendo. Oggi però non possiamo più evitare di confrontarci col mondo scientifico, che non sarà magari il sapere più avvincente o semplice da capire per i non addetti ai lavori, ma al momento resta quello più attendibile. Toccherà adeguarsi.

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