Il recente vertice sul clima COP29 di Baku, in Azerbaigian, ha lasciato molti delusi e frustrati, in particolare coloro che sono più vulnerabili agli effetti del cambiamento climatico. Il vertice, che doveva essere la “COP della finanza”, non ha mantenuto la promessa di stipulare impegni finanziari sostanziali da parte dei Paesi sviluppati per sostenere l’azione per il clima nei Paesi in via di sviluppo. La cifra concordata di 300 miliardi di dollari all’anno entro il 2035 è molto inferiore ai 1.300 miliardi di dollari ritenuti necessari dagli esperti, evidenziando un crescente scollamento tra la retorica dell’emergenza climatica e le azioni concrete intraprese.
Questo scarso risultato sottolinea una tendenza sconcertante: l’azione per il clima sembra scivolare in fondo alla lista delle priorità delle nazioni ricche. Gli impegni finanziari assunti a Baku non solo sono insufficienti, ma sono anche rimandati di ben 11 anni, il che aumenta ulteriormente la frustrazione. Entro il 2035, come ha fatto notare il giornalista Ferdinando Cotugno, la crisi climatica si sarà nettamente intensificata, rendendo gli attuali impegni inadeguati ad affrontare le crescenti sfide delle nazioni vulnerabili. La mancanza di urgenza dimostrata dai Paesi sviluppati nel fornire un sostegno finanziario adeguato e tempestivo solleva serie preoccupazioni sul loro impegno per una risposta globale giusta ed equa al cambiamento climatico.
Come se non bastasse, l’accordo prevede che una parte rilevante dei finanziamenti provenga da fonti private piuttosto che da fondi pubblici. Questo affidamento agli investimenti privati solleva preoccupazioni sulla qualità e sull’accessibilità dei finanziamenti per il clima, in particolare per i progetti di adattamento, spesso considerati meno redditizi. Molti Paesi in via di sviluppo temono che questo approccio dia la priorità a soluzioni orientate al mercato piuttosto che ai bisogni delle comunità più colpite dal cambiamento climatico.
L’attenzione ai finanziamenti ha messo in ombra l’urgente necessità di misure concrete per ridurre le emissioni, in particolare quelle dei combustibili fossili. Nonostante fosse un vertice sul clima, alla COP29 si è discusso poco della transizione dai combustibili fossili, in gran parte a causa dell’influenza del Paese ospitante, l’Azerbaigian, la cui economia dipende in larga misura dalle esportazioni di idrocarburi, e dell’Arabia Saudita, uno dei principali produttori di petrolio. Questa mancanza di progressi negli sforzi di mitigazione mina ulteriormente la credibilità del vertice e mette in dubbio l’impegno di alcune nazioni ad affrontare in modo significativo le cause profonde del cambiamento climatico.
L’esito tiepido della COP29 ha messo in luce una verità sconfortante: la volontà politica di affrontare il cambiamento climatico con l’urgenza che richiede sta scemando, soprattutto in Occidente. Il vertice è servito a ricordare che, nonostante il consenso scientifico e gli impatti sempre più evidenti del cambiamento climatico, tradurre le parole in azioni rimane una sfida. Si tratta di un preoccupante campanello d’allarme per l’impegno globale nell’azione per il clima, che dia priorità alle esigenze dei più vulnerabili e riconosca l’interconnessione del nostro destino collettivo.
Il fallimento del vertice è anche un’occasione mancata per riconoscere la necessità di una transizione energetica globale, in particolare nei Paesi in via di sviluppo. Mentre l’Unione europea si è concentrata sugli aiuti alle nazioni vulnerabili, la portata della crisi climatica richiede un approccio più ampio, che includa il sostegno alle economie emergenti nella loro transizione verso l’energia pulita. In caso contrario, si rischia di bloccare queste nazioni in percorsi di sviluppo ad alta intensità di CO2, mettendo a rischio gli sforzi globali per mitigare i cambiamenti climatici. La mancanza di ambizione e di visione alla COP29 sottolinea la necessità di un cambiamento fondamentale nel modo in cui affrontiamo l’azione per il clima. Una transizione di successo non richiede solo risorse finanziarie, ma anche cooperazione tecnologica, sviluppo di capacità e un impegno genuino per un sistema energetico globale giusto ed equo.
(Foto di Dario Daniel Silva su Unsplash)
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