Che tra Mare Nostrum e Triton ci fosse una grande differenza l’avevamo già scritto a suo tempo. Che la differenza tra i due programmi di pattugliamento delle coste potesse portare a vivere un nuovo orrore, come quello visto pochi giorni fa a Lampedusa, lo temevamo, seppure sperando di sbagliarci. Non è qui il caso di strumentalizzare i possibili 300 morti causati dalla deriva di vari barconi diretti verso l’Italia. Questa ennesima tragedia evitabile deve farci riflettere sul modo in cui l’Europa (e l’Italia) vuole affrontare il fenomeno dell’immigrazione. Da tempo ci si sta spostando verso la militarizzazione dei confini come strategia per respingere chiunque venga da fuori senza presentarsi con le carte in regola. L’Italia, proprio a seguito di un evento drammatico di portata simile a quello ripetutosi di recente (allora, nel 2013, ci furono 366 morti accertati), decise di mettere in campo una propria strategia di pattugliamento e soccorso delle coste (ma i mezzi impiegati si spingevano anche in acque internazionali), dal nome Mare Nostrum. Un progetto ambizioso, che in poco più di un anno ha permesso di assistere in mare 189.741 migranti, consegnando alla giustizia 366 scafisti (secondo fonti della Marina militare).
Qualcuno dice che andando molto vicino alle coste della Libia, Mare Nostrum abbia fatto crescere il numero di imbarcazioni in partenza. In realtà, dal primo gennaio 2015 gli sbarchi sono stati 32, il 60 per cento in più rispetto allo stesso periodo del 2014. Il fatto che Triton pattugli solo le acque territoriali fino a 30 miglia dalla costa non ha quindi dissuaso le persone dal mettersi in mare, anzi. Triton costa molto meno di Mare Nostrum, circa un terzo (tre milioni di euro al mese invece di nove), ma è una missione europea, alla quale contribuiscono tutti gli Stati membri. In quanto progetto Ue, e trattandosi di una questione così urgente, sarebbe opportuno forse investire più fondi e mettere in piedi una missione che prenda quanto di buono si era fatto con Mare Nostrum, correggendo e migliorando opportunamente.
Laurens Jolles, delegato Unhcr per il Sud Europa, ha riconosciuto che il governo italiano «con Mare Nostrum ha dimostrato l’impegno a voler trovare una soluzione, e l’Unhcr ha più volte fatto appello affinché l’operazione diventasse di gestione europea. Sorprende che non ci sia ancora la capacità di farsi carico di questo impegno data l’entità della crisi umanitaria in corso. L’operazione Triton non ha come suo mandato principale il salvataggio di vite umane e quindi non può essere la risposta di cui c’è urgente bisogno». Anche dal Consiglio d’Europa arrivano voci critiche verso l’atteggiamento europeo nei confronti dell’immigrazione. Nils Muiznieks, commissario dei diritti umani del Consiglio d’Europa, ha detto che «“Triton non è all’altezza” dei compiti che deve svolgere mentre “l’Europa ha bisogno di un sistema di ricerca e salvataggio efficace”. Secondo il commissario la tragedia nel Canale di Sicilia era “un’altra sciagura che poteva essere evitata”. Nils Muiznieks, commissario dei diritti umani del Consiglio d’Europa, ha detto che “Triton non è all’altezza” dei compiti che deve svolgere mentre “l’Europa ha bisogno di un sistema di ricerca e salvataggio efficace”. Secondo il commissario la tragedia nel Canale di Sicilia era “un’altra sciagura che poteva essere evitata”».
La Commissione europea sta valutando uno studio di fattibilità su missioni diverse da Triton e agli inizi di marzo comincerà il dibattito sull’immigrazione. Sempre troppo tardi rispetto alla priorità che bisognerebbe dare al tema dell’immigrazione. Raccogliamo quindi l’appello lanciato da Amnesty International Italia, che rigiriamo a Bruxelles e anche ai nostri politici: «Non è più tempo di affrontare il fenomeno dei flussi migratori di persone in fuga da guerre, persecuzioni e povertà con azioni insufficienti e poco efficaci. L’operazione Mare nostrum ha ampiamente dimostrato che l’Europa può affrontare meglio questo problema, dando priorità alla ricerca e al salvataggio in mare. Tuttavia è necessario un impegno diverso e condiviso in tutta Europa che preveda il dispiegamento congiunto di mezzi e risorse, con approcci e strumenti realmente utili a salvare vite umane e non solo a pattugliare le nostre coste, oltre a politiche di immigrazione e asilo che diano priorità alla dignità delle persone».