Uno studio del Better Buying Lab, centro di ricerca del World Resources Institute (un’organizzazione non profit americana), ha cercato di capire come fare a migliorare le vendite di cibi senza carne, e quindi favorire un maggiore consumo di verdure, a partire dal linguaggio.

È risaputo che limitare il consumo di carne e prodotti animali ha effetti benefici sulla salute e sull’ambiente, per questo i ricercatori sono al lavoro per capire come indurre anche gli amanti della carne ad apprezzare cibi e piatti che ne sono privi. Lo studio è stato condotto per due anni e ha preso in considerazione il mercato statunitense e quello inglese, e ha cercato di indagare quali sono le formule (i nomi dei piatti, le descrizioni, il modo di presentarli) che invogliano maggiormente al consumo, e quelli che invece lo disincentivano.

Sono giunti alla conclusione che ci sono quattro cose che bisogna smettere di fare, e tre che bisogna cominciare a fare (o fare di più e meglio).

COSA NON FARE

1. Dire che i prodotti sono “senza carne”

Perché dire a un amante della carne che nel piatto che gli state proponendo manca l’ingrediente che ama di più? Perché farsi (e fargli) del male in questo modo? In generale, si sta comunicando alla persona che nel piatto “manca” qualcosa, rendendolo meno appetibile. Il fatto che manchi un certo ingrediente rende anche più difficile al cervello immaginare quale sarà il sapore del piatto. Meglio dunque concentrarsi su ciò che c’è.

2. Usare “vegano” nel nome del piatto

La dieta vegana implica un regime molto stretto, e spesso chi la pratica ha anche forti convinzioni rispetto ai diritti degli animali, all’ambiente, ecc. Si rischia insomma che la persona non-vegana non pensi al fatto che il piatto è vegano (ossia che non contiene carne, pesci, né derivati di animali come i latticini), bensì al “gruppo” dei vegani, al quale si sente estraneo. Quindi probabilmente preferirà un altro piatto. Molto meglio, suggeriscono i ricercatori, accompagnare il nome del piatto con un’icona (una foglia verde?), senza usare esplicitamente la parola.

3. Usare “vegetariano” nel nome del piatto

Vegetariano vuol dire salutare, ma insoddisfacente. Questa, in sintesi, la motivazione per cui i piatti “vegetariani” vendono poco. Sebbene la parola abbia un livello di conflittualità molto minore rispetto a “vegano”, è spesso associata a una dieta carente in proteine, e in generale a cibi meno gustosi. Ecco perché potrebbe risultare poco attraente a un onnivoro. Ci sono dubbi sul fatto che “veggie” abbia un risultato migliore, ma i ricercatori ribadiscono che un’immagine o un simbolo per comunicare l’informazione sia la scelta ideale.

4. Sottolineare quanto un piatto sia “salutare”

Il motivo è in parte simile al punto precedente. Il fatto di presentare un alimento come “salutare”, “leggero”, ecc., tende a farlo associare a qualcosa di meno gustoso. Va detto che in questo caso le differenze culturali hanno un peso che può essere determinante. In Francia per esempio, spiegano i ricercatori, cibi definiti “salutari” ricevevano un punteggio di “gustosità” più alto rispetto a Stati Uniti e Regno Unito.

COSA FARE

1. Dichiarare la provenienza del prodotto

Questa informazione aiuta a creare un’associazione positiva con il prodotto. In caso di frutta e verdura, quando non è possibile indicare una città o un paese di provenienza, funziona bene anche citare un luogo che evochi le condizioni in cui le piante sono cresciute. “Giardino” e “orto” sono parole che migliorano la percezione dei piatti.

2. Concentrarsi sul sapore

Più che il nome degli ingredienti, è sapere quale sarà il sapore dell’alimento una volta assaggiato ad attrarre. Il fatto che ci siano semi di zucca o fagioli borlotti interessa meno rispetto a sapere che ciò che si sta per mangiare sarà dolce, affumicato, piccante, ecc. La spiegazione è molto banale, e ve ne sarete accorti leggendo: fa aumentare la salivazione.

3. Descrivere l’aspetto e la consistenza

Descrivere la ricchezza cromatica di un piatto può servire a renderlo più interessante. La varietà di colori viene associata a una varietà di sapori, quindi è un aspetto da rimarcare. Per quanto riguarda la consistenza o la sensazione una volta in bocca, sono da privilegiare parole come “cremoso”, “croccante”, “che si scioglie in bocca”, “caldo”, ecc.

Attenzione: le informazioni contenute in questo articolo non costituiscono consigli medici. È sempre opportuno consultare il proprio medico di base per qualsiasi chiarimento in merito alla propria salute.

(Foto di Stella de Smit su Unsplash)