C’è qualche milione di euro in attesa di essere recuperato da parte del fisco italiano, eppure nulla (o quasi si muove). Si tratta di tasse relative a conti correnti non dichiarati e depositati in banche che hanno sede in Stati che assicurano l’anonimato e la più ampia discrezione in merito alla diffusione di dati sui correntisti. Abbiamo parlato più volte della cosiddetta “lista Falciani” (la prima volta qui, poi ancora qui e qui), ossia i dati sottratti da Hervé Falciani dalla banca di cui era dipendente (la Hsbc) relativi ai conti di migliaia di correntisti (e potenziali evasori fiscali) di tutto il mondo. Quei dati al momento hanno fruttato alla Spagna 300 milioni di euro e in Francia hanno portato a due condanne per frode fiscale a otto e dieci mesi di reclusione. E in Italia? Ancora nulla, perché gli organi istituzionali chiamati a intervenire sulla vicenda non sono riusciti a mettersi d’accordo sul fatto che la lista in questione sia utilizzabile o meno come prova d’indagine.

«Secondo alcune Commissioni – si legge sull’edizione cartacea del Sole 24 Ore di ieri – l’elenco francese avrebbe una piena validità sulla base delle direttive che riguardano la collaborazione internazionale e sulla scorta dei principi sanciti dalla convenzione sulle doppie imposizioni. Secondo un altro orientamento, invece, la lista sarebbe frutto di un reato e dunque inutilizzabile. La Commissione provinciale tributaria di Varese ha addirittura stabilito che l’elenco non può essere usato anche perché nella documentazione manca il logo della Hsbc o comunque un’intestazione ufficiale della banca». Stiamo parlando di dati incrociati da vari fogli di calcolo presenti sul computer di Falciani e recuperati da una banca dati: come potrebbero avere il logo Hsbc? Soprattutto, visto che la discrezionalità è uno dei punti forti delle banche che hanno sede nei paradisi fiscali – e in aggiunta a questo gli Svizzeri non sono certo per lo sperpero di carta come avviene in certi uffici italiani – ci si può aspettare che documenti interni alla banca circolino senza passare per la carta intestata.

Questo lo stato delle cose, già di per sé paradossale, visto che nel nostro Paese di parla ossessivamente di lotta all’evasione e taglio degli sprechi mentre qui ci sono potenzialmente milioni di euro che aspettano solo che qualcuno vada a riacciuffarli. La situazione si aggrava in questi giorni perché è spuntata un’altra lista dal computer di Falciani, contenente i dati di altri 120mila correntisti di vari Paesi, tra cui l’Italia. I nuovi nomi provengono dai dati rastrellati da Falciani, quando ancora lavorava per Hsbc, e provenienti non dalla sede centrale ma dalle varie filiali. In realtà i pubblici ministeri torinesi avevano già avuto a disposizione questa lista nel 2010, quando il caso scoppiò, ma per i motivi di cui sopra non se ne è ancora fatto nulla. Qui si esce dal campo dei fatti e si entra in quello delle indiscrezioni, come riporta sempre il Sole: «Chi ha avuto modo di analizzare quella lista parla della presenza, tra gli altri, di uomini vicini ad ambienti politici del centro-destra e al Vaticano, tra i quali anche un banchiere, e racconta di ingenti flussi di denaro che transitavano attraverso i conti monegaschi per approdare poi in Lussemburgo, paese dove potrebbero trovarsi ancora. La nuova “lista Falciani” è in realtà una massa grezza di informazioni ancora da analizzare».

Quello che ci lascia sconcertati è che Falciani, dopo essere stato arrestato e scarcerato in Spagna (che ha rifiutato la richiesta di estradizione della Svizzera), è diventato una risorsa e un collaboratore di giustizia per le autorità iberiche e per quelle francesi, mentre in Italia lo si “snobba”. Peraltro Falciani aveva offerto alla magistratura italiana i suoi file già nel 2008, ma questa aveva valutato di non farne nulla. O meglio, la procura di Torino si dichiarò interessata, ma solo ai file relativi all’Italia, col risultato che migliaia di correntisti italiani rimasero nell’ombra, nascosti dai vari prestanome brasiliani e argentini utilizzati precauzionalmente. A questo punto chiediamo aiuto, perché non riusciamo a capire la logica che sta dietro a questa condotta: al fisco italiano interessa recuperare tutto ciò che gli è dovuto o l’obiettivo è recuperare l’evasione fiscale di “certi” italiani lasciando in pace “certi altri”?