
Proprio la Regione che avevamo definito sobria solo due anni fa oggi ci delude facendosi travolgere dalle indagini della Guardia di Finanza in merito a spese non propriamente pertinenti all’attività politica sostenute da consiglieri e collaboratori, effettuate con fondi pubblici. Stiamo parlando dell’Emilia-Romagna, in cui purtroppo si è avuta la conferma che la tendenza ad approfittare della propria posizione di potere in Italia non conosce battute d’arresto né crisi. Ce n’è per tutti: Pd, Pdl, Sel, Ucd, Lega. Agendine, libri, bottiglie di vino, buoni da spendere in libreria: migliaia di euro spesi a vario titolo per attività su cui le autorità dovranno stabilire l’effettivo legame con l’esercizio della funzione pubblica. La notizia che ha fatto più scalpore nei giorni scorsi è quella dell’ormai ex capogruppo del Pd Marco Monari, al quale è stata imputata la spesa di 1.100 euro per un soggiorno di due notti all’hotel dei Dogi di Venezia a giugno del 2011, oltre all’acquisto di una penna del valore di 500 euro. Poi nel luglio dell’anno successivo lo stesso Monari e il consigliere Roberto Montanari sono stati ad Amalfi per due notti chiedendo un rimborso di 800 euro. Per quanto riguarda le cene, il primato spetta invece al Pdl, con 43mila euro spesi dall’ex capogruppo Luigi Villani, mentre un consigliere provinciale, Luca Bartolini, ha speso 44mila euro in banchetti con simpatizzanti. Sempre il Pdl detiene il record nel capitolo “rimborsi chilometrici, taxi e autonoleggio”, 277mila euro contro gli 85mila del Pd (che però ha la metà dei consiglieri).
La lista è lunga e dolorosa, e purtroppo va contro ogni regola di buon giornalismo parlarne, perché non vi è traccia di novità in questa notizia. Ormai siamo abituati a sentire di tutto, a non fidarci nemmeno delle regioni e dei gruppi politici “virtuosi”, e alla lunga, purtroppo, i fatti danno ragione agli scettici. A questi dati si aggiungono le spese di Camera e Senato per i parlamentari “cessati dal mandato”, che aumentano «dell’1,63 per cento a Montecitorio e del 6,22 per cento a Palazzo Madama, per un totale di 7 milioni di euro in più rispetto al 2012». L’alto tasso di ricambio nelle due assemblee ha portato a una quantità eccezionale di pensionamenti di politici usciti di scena. «Sono stati infatti 113 i senatori non rieletti che hanno maturato il diritto alla pensione e 124 i deputati che avevano i requisiti per l’assegno previdenziale. In tutto, quindi, 237 parlamentari in più da l mese di marzo pesano sui bilanci di Camera e Senato alla voce “assegni previdenziali”. A Montecitorio dunque la spesa è aumentata di 2,2 milioni; ancor più a Palazzo Madama la cui voce di bilancio si è gonfiata con 4,8 milioni in più».
La tanto sbandierata nuova legge dell’esecutivo precedente a quello in carica sembrava dover intervenire decisamente proprio su queste voci di spesa, riducendo quelli che unanimemente erano definiti sprechi. E invece le spese sono aumentate e non di poco. La prima cosa che ci viene da dire è che ne abbiamo abbastanza, che aspettiamo il giorno in cui potremo vivere in un Paese normale, in cui il barbiere del Parlamento non guadagni quasi quanto il primo ministro norvegese (vedi grafico).