Il numero di persone che lavorano in Italia è tra i più alti di sempre. Coerentemente, il tasso di disoccupazione è a livelli molto bassi rispetto agli anni scorsi. Eppure c’è chi fatica a trovare lavoro: si tratta dei neolaureati.
«Nel 2023 – si legge sul Post – l’occupazione in Italia ha vissuto un picco storico, con il numero di persone occupate che ha raggiunto i 23,6 milioni a giugno; così come il tasso di disoccupazione, che è pari al 7,6 per cento, più basso anche dei livelli prima della pandemia quando era poco sotto al 10». L’attuale situazione di alti tassi d’interesse, indotti dagli aumenti della Banca centrale europea per tentare di arginare l’aumento dell’inflazione, sta però portando a un rallentamento dell’economia (cioè uno dei modi che si hanno a disposizione per frenare l’aumento dei prezzi). È probabile quindi che questa nuova situazione si rifletterà, in senso negativo, anche sul mercato del lavoro. «La maggior parte degli analisti – prosegue l’articolo – è comunque concorde nel dire che è probabile che nel medio periodo l’andamento del mercato del lavoro peggiorerà: solitamente reagisce con un po’ di ritardo rispetto all’andamento generale dell’economia».
Questo è il contesto in cui si trovano ad agire anche i giovani neolaureati, che però devono faticare molto più dei loro colleghi europei per trovare un primo impiego. Come sintetizza Openpolis, infatti, in Unione europea nel 2022 l’82,4% dei giovani neolaureati risultava occupato. In Italia il dato è il più basso di tutta l’UE (65,2%). Vi è inoltre una differenza di genere, a sfavore delle donne, di 2,2 punti percentuali.
Tasso di occupazione tra i giovani lavoratori europei dopo 1-3 anni dal conseguimento del titolo di istruzione più alto (2022)
Il grafico qui sopra è piuttosto chiaro nel rilevare come solo Grecia e Romania abbiano percentuali comparabili a quelle italiane, mentre tutti gli altri paesi sono avanti con un certo distacco. La cosa è piuttosto preoccupante, visto che Grecia e Romania hanno economie decisamente meno avanzate di quella italiana (anche se quella greca sta conoscendo una rapida crescita negli ultimi anni).
Dall’altra parte della classifica, per una volta, non ci sono i paesi scandinavi, il Lussemburgo, dove il 93,4% degli studenti che hanno ottenuto recentemente il titolo ha un posto di lavoro. Seguono Paesi Bassi (92,9%), Germania (92,2%) e Malta (90,8%).
Come si diceva, ci sono delle differenze rispetto al genere, che sono andate riducendosi nel corso degli anni. «Nel 2019 infatti la differenza era pari a 4,7 punti percentuali, la maggiore nel periodo considerato – spiega Openpolis –. Questo dato è in calo fino a raggiungere i 2,2 punti percentuali nel 2022, l’anno che registra il valore minore.
Questo divario può essere spiegato dalla natura differente degli studi intrapresi da uomini e donne: il settore più tecnico dell’ingegneria, della manifattura e delle costruzioni vede, a livello di istruzione terziaria, una larga maggioranza di uomini iscritti a percorsi di formazione (73,1%) mentre in altri campi come quello della salute, quello economico o legale è maggiore l’incidenza femminile. Questi ambiti sono legati a differenti esigenze di mercato a livello di domanda».
(Foto di Marten Bjork su Unsplash)
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