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Lo Stato continua a “puntare” sul gioco d’azzardo per rimpinguare le proprie casse. Secondo le tabelle allegate alla legge di Stabilità, riferisce Redattore sociale, nei prossimi tre anni l’erario prevede di incassare 35,7 miliardi dal gioco. «Le entrate tributarie da questo settore nel 2015 ammonteranno a 11,856 miliardi di euro, mentre nel 2016 a 11,902 miliardi e nel 2017 a 11,958 miliardi. In particolare per quest’anno, lo Stato prevede di raccogliere 6,6 miliardi dal Lotto, 4,8 miliardi da “imposte gravanti sui giochi” e 480 milioni da lotterie e altri giochi: rispetto al totale delle entrate tributarie, quelle derivanti dall’azzardo sono pari al 2,5 per cento. Le previsioni del Ministero confermerebbero il trend positivo degli ultimi due anni, visto che nei primi 11 mesi del 2014 ha incassato 10,2 miliardi di euro e 8,1 miliardi nel 2013».

Inutile dire che puntare su questa voce di bilancio per rimettere a posto i conti ha qualcosa di moralmente opinabile. Da un lato si fatica a garantire un livello di welfare adeguato per tutta la popolazione, dall’altro si raccolgono soldi che poi magari serviranno a curare le ludopatie cui il gioco d’azzardo spesso conduce. Peraltro, se anche tali dati fossero stati diffusi per rassicurare la popolazione sullo stato di salute delle casse pubbliche, c’è chi dubita che queste cifre siano reali, soprattutto per il futuro, visto che le abitudini dei giocatori stanno cambiando e questa potrebbe essere una cattiva notizia per lo Stato: «”Si tratta di cifre che verranno smentite con il bilancio consuntivo – afferma Maurizio Fiasco, sociologo e studioso del fenomeno del gioco d’azzardo -. E per un semplice motivo: i giocatori e l’offerta di giochi si stanno spostando verso l’online, dove la percentuale del prelievo da parte dello Stato è sempre più bassa. Basti pensare che per le scommesse virtuali rappresenta appena il 2 per mille. La verità è che il sistema dell’azzardo in Italia è sfuggito di mano sia allo Stato che alle società concessionarie ed è sempre meno conveniente”. Secondo il sociologo, inoltre, è da sfatare l’idea che il gioco d’azzardo contribuisca a risanare le casse dello Stato. “Il prelievo fiscale sul gioco è infatti sempre minore. Se gli italiani spendessero i loro soldi non nelle slot machine ma in altri settori economici, lo Stato avrebbe entrate maggiori e più certe”». C’è poco da stare allegri insomma, se è vero che anche quelli che non guardano in faccia a nulla pur di raccogliere soldi da mettere nel bilancio dello Stato sbagliano a fare i loro conti, cavalcando un’onda che si è già mossa verso altre correnti.

Molto più interessante, dall’altra parte della “barricata” (ma è normale che si parli di barricate tra Stato e cittadini?), l’iniziativa promossa dal movimento No Slot, insieme al Dipartimento di Scienze umane e sociali dell’università di Bergamo, senza l’aiuto finanziario di aziende dell’azzardo. Si tratta di un corso di formazione per esperti in grado di aiutare le persone a combattere le patologie legate al gioco. Il percorso proposto si sviluppa su più moduli e ha un approccio multidisciplinare: saranno coinvolti clinici, economisti, psicoterapeuti sistemici, filosofi, pedagogisti e antropologi. Il modulo “Clinica, diagnosi e terapia del giocatore d’azzardo patologico e della sua famiglia”si pone come obiettivo di fornire un inquadramento della specificità del fenomeno nel nostro Paese, necessario a comprendere alcune difficoltà incontrate nella presa in carico e di fornire un panorama dei principali aspetti clinici e terapeutici del problema. Il modulo “Fenomenologia del gioco da un punto di vista psicodinamico” – si legge sul sito dell’Università – si pone come obiettivo di «fornire un inquadramento teorico rispetto agli aspetti psicodinamici del giocare nell’esperienza umana» e «un inquadramento teorico-clinico rispetto al ruolo del gioco e dell’illusione nel contesto psicoterapeutico». Saranno poi approfonditi i “Games studies”, ossia gli studi che si occupano del gioco nei suoi sviluppi storici e sociali e per la sua importanza didattica. Infine, una parte sarà dedicata agli aspetti politici storici ed economici del gioco d’azzardo, per dare «un inquadramento sociologico e politico che permetta di articolare i discorsi sulla prevenzione e cura con una consapevolezza sistemica della complessità del fenomeno; fornire una decodifica storica che permetta di chiarire le matrici dell’emergenza attuale del problema e la sua significatività antropologica». Tutte le informazioni su tempi e costi d’iscrizione sul sito dell’Università.