Il 13 giugno il mondo dell’associazionismo lombardo scendeva in piazza per chiedere alla Regione di interrompere la politica di «tagli indiscriminati all’assistenza alle persone con disabilità», come scriveva Ledha in un comunicato). «Come è ormai noto -proseguiva la nota-, la somma dei provvedimenti nazionali (azzeramento del fondo per la non autosufficienza, contrazione del fondo nazionale politiche sociali) e regionali (riduzione del fondo sociale regionale) ha ridotto di 100 milioni di euro le risorse a disposizione dei Comuni lombardi per le politiche sociali».
Nella canicola estiva, è passata un po’ in sordina la notizia che il Consiglio regionale lombardo, con la delibera 3850 del 25 luglio, ha stabilito di integrare con 30 milioni di euro il Fondo sociale regionale, mantenendo il budget al livello del 2011 (70 milioni di euro). Con una novità sostanziale però, ed è questa che ha lasciato perplesso il terzo settore, ossia che il budget stanziato non sarà dato alle strutture, attraverso Asl ed enti locali, ma saranno assegnati ai pazienti con i voucher. «I voucher -spiega l’articolo su Repubblica.it- sono stati introdotti con il Piano regionale sociosanitario 2010-2014. Si tratta di un buono (dai 1.800 ai 6mila euro) che il cittadino può spendere per curarsi dove e come preferisce. Un modo per permettere alla Regione di risparmiare, visti anche i mancati trasferimenti da Roma. E che, di fatto, taglia i contributi alle aziende che operano nel sociale, che non riceveranno più i contributi, ma si finanzieranno solo se frequentate dai pazienti».
Tale provvedimento ha due ricadute, entrambe piuttosto pericolose. Innanzitutto si lascia il cittadino solo nel momento del bisogno. Privare l’utente del fondamentale ruolo di mediazione, ricoperto dagli enti territoriali, tra lui e la rete di associazioni e aziende sociali che forniscono i servizi significa rinunciare alla logica di sussidiarietà e collaborazione tra politica e territorio. Inoltre, gli enti gestori si trovano a metà del 2012 a fare i conti con un cambiamento “in corsa” delle regole che li mette in forte difficoltà dal lato economico. La Regione aveva infatti più volte annunciato l’integrazione del Fondo, ma al momento della delibera è stata introdotta questa variazione che rischia di abbattersi sui bilanci di molte attività, che ora non possono prevedere l’eventuale flusso di nuovi utenti in procinto di rivolgersi ai loro sportelli.
Le associazioni hanno reagito con dichiarazioni molto chiare rivolte alla presidenza della Regione: «Le strutture avranno fondi insufficienti e buchi di bilancio. L’ipotesi di aumentare le rette è concreta -ha detto Elena Meroni, coordinatore del Neass, il network delle aziende sociali lombarde-. Il network nei giorni scorsi ha scritto una lettera, a firma del presidente Luigi Boffo, al governatore Formigoni e all’assessore Boscagli. Mancano i soldi per arrivare a pareggio negli ultimi quattro mesi dell’anno. La riforma era prevista non prima del nuovo Patto del welfare, da stilare dopo le consultazioni con gli operatori, che però nell’Asl di Milano non sono neanche iniziate». Si attende con urgenza un incontro tra i rappresentanti del terzo settore e il presidente del Consiglio regionale Roberto Formigoni. E sarà un incontro tardivo, perché queste cose andavano discusse con i diretti interessati prima della delibera, non ora.