Nonostante le proteste delle associazioni, il centro antiviolenza e rifugio Lucha y siesta di Roma sarà messo all’asta. Si tratta della fine di un’esperienza che durava da 12 anni, e che forniva alla città 14 posti letto, cioè il 60 per cento del totale dei posti letto disponibili a Roma per donne vittime di violenza, ha spiegato Annalisa Camilli sul sito di Internazionale: «In tutto a Roma sono disponibili 25 posti letto per donne che scappano dalla violenza (mentre la convenzione di Istanbul ne raccomanda uno ogni diecimila abitanti)». Una situazione denunciata dalle donne che gestiscono lo spazio in un comunicato del 25 febbraio: «Delle 14 donne che abitavano a Lucha y Siesta, solo 9 hanno ottenuto appartamenti in cohousing. Appartamenti che in alcuni casi sono stati consegnati privi di mobilio essenziale o senza acqua calda, in un clima di violenza che ha reso un passaggio solitamente positivo e felice un momento drammatico. Al momento ci sono 5 donne e 3 bambini che ancora abitano nella Casa. Non e? inoltre assolutamente vero che c’e? un dialogo aperto per proseguire l’esperienza di Lucha y Siesta». La decisione segue quella che il 25 febbraio avevao disposto l’interruzione delle utenze dell’edificio che ospita Lucha y siesta, di proprietà dell’Atac (l’azienda che gestisce i trasporti a Roma). Il distacco, spiega ancora Camilli, «non è avvenuto per le proteste delle attiviste e degli abitanti del quartiere, che hanno dichiarato un presidio permanente per impedire che la struttura sia definitivamente sgomberata. L’edificio, nel quartiere Tuscolano, è stato occupato da un gruppo di attiviste nel 2008 e si è trasformato in un punto di riferimento per le donne nella capitale per le sue attività per le donne che scappano dalla violenza domestica, ma anche per le numerose iniziative culturali nel quartiere».
Non solo una questione di legalità
Lucha y siesta è frutto di un’occupazione di uno stabile abbandonato, avvenuta nel 2008. Questo tipo di realtà sono particolarmente avversate, soprattutto negli ultimi anni, in un’ottica legalitaria che spesso non prende in considerazione la complessità di alcune situazioni. Per quanto l’atto fondativo in sé avvenga al di fuori della legalità, spesso alla sua base ci sono situazioni di fatto che richiederebbero di considerare anche altri fattori di contesto, forse più importanti. Un edificio inutilizzato è sempre una risorsa sottratta alla collettività, e un elemento che contribuisce all’aumento del dei prezzi nel mercato immobiliare. Come per tutti i mercati, infatti, la scarsità di materia prima fa crescere i prezzi. In Italia c’è un grande problema di case ed edifici abbandonati, e di conseguenza (complice negli ultimi anni il fenomeno degli affitti brevi su Airbnb) i prezzi sono molto alti. Occupare significa anche denunciare questo stato di cose. Passati 12 anni, inoltre, uno spazio aperto che fornisce servizi diventa un punto di riferimento per il quartiere e per la città. Una volta che si è conquistato sul campo il diritto a esistere, probabilmente un’amministrazione più illuminata prenderebbe in considerazione l’idea di provare altre strade per riportare l’esperienza sulla strada dell’illegalità, ma senza interrompere il servizio. Non è una tendenza che sta avendo molto seguito in Italia negli ultimi decenni, e infatti si tende più spesso a sgomberare prima di avere un piano su come restituire in altro modo alla città quel pezzetto di cultura, socialità e aggregazione che nel frattempo è stato creato. Il comunicato di Lucha y siesta è molto duro nei confronti dell’amministrazione comunale e verso la sindaca Virginia Razzi, accusata di non avere voluto prendere in considerazioni altre vie che non fossero la messa all’asta dell’edificio: «E? evidente che la Sindaca Raggi non conosce Roma e non ha capito il peso di una realta? come la nostra nel territorio della citta? e quale prezioso contributo abbia avuto nella lotta alla violenza di genere e all’autodeterminazione delle donne. Lo dimostrano anche le migliaia di persone, attiviste, artiste, politiche, anche a livello internazionale, che si sono mobilitate in questi mesi. Gli spazi come Lucha y Siesta sono frutto di percorsi di liberazione e autonomia, sentiamo la responsabilita? di resistere non solo per noi, ma per tutte le donne della citta?, per tutte le donne del Paese, per tutte le donne del mondo».
(Foto di Toimetaja tõlkebüroo su Unsplash)