Nelle prossime settimane sono in programma scioperi da parte del personale medico. Gli operatori protestano contro le proposte inserite nella prossima legge di bilancio, che deve essere approvata entro la fine dell’anno.
Tra le tante cose problematiche promesse (non ultima un taglio dei contributi pensionistici), tra le norme in discussione ce n’è una che prevede un’indennità straordinaria di 100 euro lordi l’ora finalizzata ad abbattere le liste d’attesa. Come sa chiunque abbia avuto necessità di un esame o un intervento, infatti, la situazione è sempre più delicata in questo senso, complici anche i tanti interventi rimandati durante la pandemia, che hanno intasato ogni reparto non appena le strutture sanitarie sono state riaperte.
«Dalla manovra ci saremmo aspettati un intervento sull’indennità di specificità medica e sanitaria per garantire un aumento degli stipendi di tutti i dirigenti e frenare dunque la fuga dei professionisti verso l’estero e il privato, e invece si è deciso di aumentare le retribuzioni delle prestazioni aggiuntive per abbattere le liste d’attesa, misura che è destinata a non produrre risultati concreti», hanno dichiarato Pierino di Silverio, segretario nazionale Anaao Assomed, e Guido Quici, presidente Cimo-Fesmed (due sindacati che hanno indetto uno sciopero per il 5 dicembre).
La perplessità è dovuta al fatto che negli ultimi anni, proprio a causa di turni di lavoro spesso definiti “massacranti” e a stipendi non adeguati, specie se paragonati al resto d’Europa, molti medici hanno sono passati dal pubblico al privato, che garantisce maggiori retribuzioni e una gestione più autonoma del tempo.
Il risultato però è che gli ospedali devono rivolgersi sempre più spesso a fornitori esterni di servizi, sostenendone i costi, e comunque la disponibilità di medici in alcuni reparti risulta scarsa. Così si allungano le liste d’attesa, e le persone (quelle che possono permetterselo) decidono di rivolgersi al privato per ridurre i tempi.
È evidente quindi come non saranno 100 euro lordi in più a tamponare una fuga dai reparti che si fa sempre più preoccupante. C’è bisogno di interventi più decisi e strutturali, non di arrotondamenti in busta paga.
Questa situazione, va detto, è stata ereditata dal governo in carica. Tutti sapevano però, al netto degli annunci elettorali, che i margini di manovra per quanto riguarda la legge di bilancio erano molto ridotti. Ma nonostante questo il comparto medico si aspettava interventi più decisi in merito allo sblocco delle assunzioni, oltre che a un maggiore impegno per il rinnovo dei contratti.
La situazione si può dunque riassumere così: «Le stime più prudenti dicono che servono 20 mila medici e almeno 70 mila infermieri di cui la carenza è più grave. Il motivo è semplice ed è legato al “peccato originale” che anche questa manovra non affronta, come quelle degli ultimi 15 anni, è cioè il tappo alle assunzioni introdotto nell’era della spending review (revisione della spesa, ndr): si tratta di un tetto che inchioda la spesa sul personale a quella del 2004 togliendo poi l’1,4 per cento. Un freno che ha asciugato inesorabilmente le fila del personale e che negli ultimi anni è drammaticamente peggiorato di fronte alla fuga di tanti dalle corsie degli ospedali a causa di turni massacranti e stipendi troppo bassi: ogni anno si contano 2mila addii di medici tra licenziamenti e prepensionamenti».
A questa situazione si aggiunge il fatto che i giovani sono sempre meno attratti dalla professione medica, e in particolari da specializzazioni considerate poco attraenti come chirurgia, medicina d’urgenza o medicina generale. Un tempo, quando uscivano i bandi, c’erano sempre più candidati che posti disponibili. Oggi il rapporto è invertito, e non si vede come invertire la tendenza, nel breve come nel lungo periodo.
(Foto di Sasun Bughdaryan su Unsplash)
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