Mentre a Bruxelles si discute della possibilità di aumentare i poteri dell’Unione europea in ambito sanitario, le strategie adottate dai diversi paesi per affrontare la “seconda ondata” di coronavirus appaiono molto diversificate e prive di coordinamento. «Sul fronte della pandemia siamo di nuovo in una fase in cui le decisioni di cui parliamo in tutta Europa vengono prese dai governi nazionali – ha scritto Luca Misculin nell’ultimo numero della newsletter Konrad –, come il lockdown deciso da Macron o il semi-lockdown annunciato da Merkel. […] Stavolta le istituzioni europee non hanno nemmeno provato a coordinare le misure nei vari paesi: anche perché si è capito che la pandemia colpisce ciascun paese in maniera diversa, a seconda di un numero indefinito di variabili. Rispetto ai primi lockdown, però, una cosa è cambiata, anche se l’abbiamo raccontata poco: i confini interni europei non sono mai stati chiusi». Anche se ci siamo detti tante volte che avremmo fatto tesoro delle lezioni apprese durante i primi mesi dell’epidemia, che ha preso alla sprovvista diversi Stati (Italia per prima), sembra ancora lontano l’obiettivo di elaborare strategie comuni (per quanto ovviamente diversificate rispetto alle specificità dei singoli paesi) per affrontare situazioni d’emergenza. «La maggior parte dei paesi sta reagendo senza piani a lungo termine, cercando semplicemente di evitare il peggio – si legge in un articolo uscito su Science e tradotto in italiano da Internazionale –. Le autorità pubbliche hanno opinioni diverse su quali siano i modi migliori per fare nuovamente scendere i numeri, e quanto basso sia il numero al quale debbano mirare. E nessuno sa cosa ci riservi il futuro. In mancanza di un vaccino che risolva la situazione, i diversi paesi rischiano di fare i conti con una sfiancante serie di confinamenti: un continuo saliscendi che potrebbe devastare l’economia, sostiene Albert Osterhaus, virologo all’Università di medicina veterinaria di Hannover. “Non c’è alcuna strategia in Europa”, conclude».

Qualcosa si muove a Bruxelles

Come racconta un articolo uscito su Politico, la pandemia ha innescato un importante confronto all’interno delle istituzioni europee su un possibile allargamento delle competenze dell’Ue rispetto alle questioni sanitarie. Come ha spiegato la commissaria europea per la Salute Stella Kyriakides, con una maggiore integrazione l’Unione sarebbe in grado di dichiarare le proprie emergenze in maniera indipendente rispetto alle decisioni dell’Organizzazione mondiale della sanità. Inoltre si potrebbero creare piani comunitari di prevenzione delle pandemie, istituire una nuova agenzia per le emergenze sanitarie, richiedere agli stati di comunicare più dati sulla salute (per esempio il numero di letti e di postazioni di terapia intensiva negli ospedali), permettere all’agenzia europea per le malattie infettive di rivolgere raccomandazioni agli Stati membri, chiedere all’agenzia europea per il farmaco di gestire le carenze di forniture tra i diversi paesi. Non si tratta di proposte rivoluzionarie, né di iniziative che richiederebbero una revisione dei trattati. Però l’autrice dell’articolo fa notare che oggi il Centro europeo per la prevenzione e il controllo delle malattie (ECDC, da European Centre for Disease Prevention and Control) si limita a presentare dati scientifici, lasciando ai singoli stati il compito di interpretarli ed elaborare le relative politiche d’intervento. Un domani le raccomandazioni potrebbero arrivare direttamente dall’ECDC. Certo si tratterebbe di opinioni non vincolanti, il che limiterebbe di molto la loro rilevanza. Inoltre, nella Commissione europea c’è chi fa notare che tali novità non avrebbero alcun effetto nel rinforzare i sistemi sanitari dei paesi in difficoltà, che è stato uno dei maggiori problemi durante la pandemia. I paesi membri hanno accolto con favore la decisione dell’Europa di procedere all’acquisto di milioni di dosi di vaccini, medicine e attrezzature mediche. Quando si tratta però di cedere ulteriori margini di sovranità, l’entusiasmo cala rapidamente.

(Foto di Guillaume Périgois su Unsplash)

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