«Si tratta di una normativa incompleta e frammentaria, alla quale ha fatto seguito una legislazione speciale che ha consentito sempre più frequentemente l’assunzione di incarichi extragiudiziari da parte di magistrati ordinari e, ancora di più, da parte di magistrati amministrativi e contabili. Il numero e la tipologia di incarichi sono tanto ampi e diversificati da rendere problematica una ricognizione certa delle norme che ne prevedono la realizzazione. Oltre a questo va considerato il caso di incarichi non previsti da norme di legge, ma autorizzati dagli organi di autogoverno delle magistrature». Questo incipit è tratto dalla relazione illustrativa delle Commissione giustizia al Senato, a seguito dell’esame congiunto dei disegni di legge n. 375 e 376 sulla riforma del sistema di collocamento fuori ruolo dei magistrati ordinari, amministrativi, contabili e militari e disposizioni in materia di incarichi extragiudiziari.

«Il tema del regime delle incompatibilità dei magistrati e degli incarichi extragiudiziari -ha detto la Commissione- costituisce uno degli argomenti di maggiore rilevanza nel quadro dell’affermazione dei valori costituzionali di autonomia e di indipendenza della magistratura sanciti nell’articolo 104 della Costituzione». Parole che confermano quanto percepito anche da noi, come da qualsiasi cittadino che cerchi di tenersi informato: quello degli incarichi extra-giudiziari dei magistrati italiani è un problema. Innanzitutto economico: doppio incarico significa doppio stipendio, e nel caso di doppi incarichi pubblici sono i cittadini a dover sborsare due volte le cifre (sempre piuttosto alte) necessarie. Non è una questione di soldi, non soltanto. È anche una questione di principio e di deontologia professionale: quando un magistrato esce dal suo ruolo istituzionale per fornire prestazioni a compagnia private o a enti pubblici in cui svolgerà compiti che in qualche modo hanno (o avranno) a che fare col suo impiego principale, quale sarà la loro imparzialità?

Per alcuni tipi di incarichi è richiesta un’apposita autorizzazione da parte degli organi di controllo della magistratura. Ma, una volta ottenuta, tutto si svolge nel pieno della legalità e della correttezza formale. Il problema è che la questione scotta. Secondo fonti del quotidiano Libero il fenomeno sarebbe in aumento, «Negli ultimi sei mesi il totale degli incarichi autorizzati dal Csm alle toghe ha toccato quota 961, quasi il doppio dei 494 concessi nei sei mesi precedenti». Tra le attività più comuni consulenze e insegnamento: «Le toghe amano le cattedre e così vanno ad insegnare alla Luiss, l’ateneo confindustriale diretto da Pier Luigi Celli. Poi ci sono le consulenze legali per la Wolters Kluwer, multinazionale che si occupa di editoria e formazione professionale. Ma non finisce qua. Qualche magistrato lavora per la Altalex Consulting, altra società attiva nell’editoria e nella formazione giuridica. Le paghe sono sostanziose». E sul finale dell’articolo la domanda, legittima, del giornalista è quella che ci poniamo anche noi: «Se le società dove lavorano questi magistrati dovessero avere problemi giudiziari la magistratura e i giudici quanto sarebbero equidistanti nell’amministrare giustizia?».

Una circolare uscita ad aprile ha stabilito alcuni paletti sul tipo di incarichi che i magistrati possono accettare, allargando il bacino di quelli per cui è necessaria l’autorizzazione da parte di un organo di controllo della magistratura. Ma, secondo Clandestinoweb, il problema rimane: «Rimane possibile senza autorizzazione ad hoc fare i relatori ai convegni, la manifestazione scritta e verbale del pensiero, leggi articoli sui giornali et similaria, la partecipazione anche come studenti a seminari e convegni vari. L’attività di giudice tributario e persino il volontariato. Insomma a parte i conflitti di interessi palesi e persino sospetti, il Csm non intacca comunque la possibilità per i magistrati di prepararsi il terreno per un’eventuale entrata in politica. Però almeno si salvano le forme». E infatti il neo sindaco di Roma Ignazio Marino non ha perso tempo a nominare assessore al Bilancio della capitale Daniela Morgante, già giudice della Corte dei Conti in Puglia. «Senza collocamento in posizione fuori ruolo»: doppio incarico, doppio stipendio. E avanti così.