La Giornata mondiale delle malattie rare, che si celebra oggi, è un’occasione per fare sensibilizzazione soprattutto su un aspetto: le relazioni sociali dei malati. Spesso infatti si pensa a questo tema con un approccio medico, delegando solo alla scienza e alla ricerca il problema di risolverlo. In questo modo ci si dimentica però del fatto che la qualità della vita di chi è affetto da una patologia rara è anche il risultato del mondo in cui il suo mondo circostante si rapporta con lui. Ecco perché oggi si svolgeranno in Italia, come nel resto del mondo, manifestazioni e iniziative promosse dal Ministero della salute e da varie associazioni. Le celebrazioni sono già iniziate in realtà con l’incontro tra Papa Francesco e quattrocento persone affette da malattie rare, tra cui molti bambini.
L’intento di chi ha promosso questa giornata è di entrare nelle scuole e provare a suggerire ai più piccoli l’idea che la fragilità e la debolezza non siano condizioni da emarginare, ma al contrario da proteggere e preservare. A questo scopo è stata realizzata la videofavola dal titolo “Con gli occhi tuoi” (la si può vedere qui), fatta per i bambini e da loro realizzata. «La progettazione di una video-favola per diffondere il tema delle malattie rare – si legge sul sito del Ministero – nasce da alcuni presupposti indicati chiaramente da un documento dell’European Organisation for Rare Disease (Eurordis) dove si spiega come una delle principali e specifiche difficoltà nella gestione di queste patologie sia rappresentata dall’isolamento dei malati nella vita affettiva, sociale e scolastica». Il Ministero, che si è avvalso della collaborazione di vari soggetti, ha coinvolto nella realizzazione del progetto l’associazione Uniamo e l’artista Vera Puoti, che hanno collaborato con bambini di seconda e terza elementare per elaborare i personaggi, la trama e l’ambientazione grafica. Le musiche del video sono state eseguite dagli allievi della Scuola di musica “Sylvestro Ganassi”. Lo scopo è di far capire ai bambini le tante difficoltà che si possono incontrare quando il corpo sta male ma non si riesce a capire cosa abbia, quando passano anni senza che sia stilata una diagnosi precisa, quando si resta “orfani” di una cura perché la patologia è talmente rara che la ricerca non ha ancora trovato il modo di sconfiggerla.
«Al nostro telefono verde arrivano tante telefonate sul disagio che provano i bambini malati nei contesti sociali, nelle diverse comunità – afferma Domenica Taruscio, direttore del Centro nazionale delle malattie rare dell’Istituto superiore di sanità – La scuola è uno degli scogli più difficili da affrontare per questi bambini, ma spesso le difficoltà cominciano proprio dagli altri genitori e dalla paura che genera la condizione di malattia ed è per questo che, accanto alla ricerca, che è la nostra principale attività, cerchiamo di promuovere anche tutto ciò che intorno a queste persone crea un tessuto di solidarietà e accoglienza perché la loro invisibilità non sia per loro l’ennesima ferita».
Sulle malattie rare è stato realizzato tra il 2001 e il 2012 un grande progetto, ossia il Registro nazionale, che «permette di stimare la prevalenza e l’incidenza delle diverse malattie rare, di caratterizzarne la distribuzione sul territorio e, funzioni di rilevante importanza, di stimare la migrazione sanitaria dei pazienti e di stimare il ritardo diagnostico. Questo sistema è innanzitutto uno strumento per intraprendere decisioni di sanità pubblica e per stimolare ricerche scientifiche nell’ambito delle malattie rare. Il Registro, infatti, è finalizzato a produrre evidenze epidemiologiche a supporto dell’aggiornamento dei Livelli essenziali di assistenza, oltre che delle politiche e della programmazione nazionale».