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«Mamma, sono andata ad una festa». Comincia così il testo che ha iniziato a diffondersi in maniera virale sul web intorno al 2004. Si tratta del racconto (probabilmente frutto di fantasia, ma è secondario) di una ragazza che, in fin di vita, si trova coinvolta in un incidente per il quale non ha colpa. Il responsabile è infatti un altro guidatore, che ha bevuto alcolici prima di mettersi alla guida, travolgendo nel suo gesto irresponsabile l’innocente protagonista della vicenda, che immagina di rivolgersi alla propria madre, assicurandole di aver seguito il suo consiglio, ossia di restare sobria, visto che doveva guidare. A poco è servita la sua scelta, giusta e condivisibile: comunque sta perdendo la vita per colpa di qualcun altro. Non è chiaro come si sia diffuso il messaggio (come spesso capita con le tante “catene” che girano attraverso mail e social network), ma la finalità è comunque condivisibile: mettere in guardia dai rischi legati alla guida in stato di ebrezza. La formula scelta è piuttosto forte, di quelle che mirano dritto allo stomaco. Il tutto trasmette un senso di impotenza che inspira una certa rabbia: difficile accettare il fatto che per quanto ognuno di noi possa impegnarsi al massimo per comportarsi il meglio possibile, tutto può essere vanificato in un secondo a causa di chi non ha la stessa preoccupazione verso il prossimo.

È bene fare tesoro di spunti come questo, e va ricordato che la guida in stato di ebrezza è una delle principali cause di incidenti: «Ogni anno in Europa muoiono 7mila persone in incidenti stradali dovuti alla guida in stato d’ebbrezza – scrive il Sole 24 Ore –. La Commissione europea stima che oltre un morto su quattro sulle strade, dei 26.200 registrati nell’Ue nel 2013 (nel 2012 erano stati 28.100), siano imputabili all’alcol». Si tratta di circa un quarto delle vittime, una percentuale impressionante. Vista la “presa” che ha avuto sugli utenti nel corso degli anni, evidentemente le modalità scelte per il testo hanno avuto successo, tanto che ancora oggi, periodicamente, qualcuno lo ripropone.

C’è chi ha pensato di farne un breve cortometraggio, come l’artista legnanese Camilla Rotondi. Di seguito trovate il video, della durata di due intensi minuti. Si sente una voce fuori campo leggere le parole della sventurata protagonista. La voce è serena, rassegnata, di chi sente di avere la coscienza a posto. Alle parole si sovrappongono le immagini in dissolvenza di una ragazza che si prepara per un tragitto in automobile. Lo schermo va a nero. La rivediamo sdraiata, esanime. Poi improvvisamente dal buio riemerge la vita, forse l’anima della protagonista che fugge, lascia questo mondo. Un lavoro essenziale, che non mostra alcuna immagine di violenza, e proprio per questo riesce a essere efficace. Camilla Rotondi, classe 1990, è attualmente iscritta al Dams all’università di Roma tre. Oltre a occuparsi di cinema e videoarte, ha frequentato numerosi corsi di recitazione e ha recitato in numerosi spettacoli tra il 2008 e il 2012.