Vi avvisiamo: questo post non è da prendere troppo sul serio. Solo un po’. Quando scriviamo di politica qualcuno si indispettisce, ma non vogliamo rinunciare a prendere la parola quando ci sembra necessario, sempre con equidistanza e senza prendere le parti di nessuno come associazione. Del resto sono settimane che abbiamo in programma di scrivere articoli (seri) in cui mettere l’accento su quelle che sono, a nostro avviso, le priorità del paese. Il problema è che non sapremmo a chi rivolgere l’appello, vista l’imbarazzante situazione politica. Prima l’instabilità del governo, poi lo strappo, poi il pessimo spettacolo delle spallate e delle barricate. La situazione che si ingarbuglia fino a sembrare irreparabile, poi pare che tutto stia per tornare com’era prima, finché invece non se ne fa nulla. In tutto ciò, chiunque ha dichiarato qualsiasi cosa e il suo contrario, ritrattando più volte nel giro di giorni o perfino di poche ore. Settimane di giravolte e scontri retorici dai toni francamente desolanti. Almeno fossero fantasiosi, originali. Invece siamo sempre alle solite formule: siamo aperti a confrontarci sui temi, non poniamo veti su nessuno, non siamo interessati alle poltrone, ecc. Visti gli esiti delle contrattazioni e il livello del dibattito, ci viene da pensare che in realtà nelle riunioni private tra esponenti delle varie forze parlamentari si sia parlato esattamente di quello: veti, nomi, poltrone. Forse anche di temi, ma giusto per fare indispettire gli interlocutori. E allora alleggeriamo anche noi.

Finalmente, dopo che Mario Draghi negli ultimi due anni è stato dipinto come candidato a qualsiasi cosa da parte della stampa italiana, il presidente Sergio Mattarella ha deciso di affidargli l’incarico di formare un governo. L’ultima volta che la richiesta è stata fatta a un economista si trattava di Carlo Cottarelli, nel 2018, e il suo mandato esplorativo durò una manciata di ore, giusto il tempo di capire che non c’erano spiragli per trovare un accordo. Come andrà stavolta?

Raramente ci lanciamo in pronostici, ma questa volta vogliamo rischiare (senza prenderci sul serio, lo ribadiamo, bensì per alleggerire l’atmosfera): Mario Draghi otterrà la fiducia, con una maggioranza ampia, solida e duratura. Non tanto perché saprà unire tutte le forze politiche su un programma condiviso, né perché saprà accontentare tutti con nomine e incarichi. No, otterrà la fiducia perché i suoi interlocutori capiranno di avere a che fare con una persona che sta una spanna sopra di loro, e non se la sentiranno di contraddirlo. Diranno sì come chi annuisce per non sembrare stupido, quando non ha ben capito cosa stia dicendo il suo interlocutore. Si renderanno anche conto che loro, sui famosi “temi” al centro del dibattito, non hanno idee migliori, e non saprebbero come gestirli. Meglio mettersi al servizio e cercare di fare bella figura, magari uscendone meglio di prima a livello di consensi, piuttosto che riaccendere la dialettica tra partici e affrontare una campagna elettorale.

E poi gli italiani ne hanno abbastanza di queste scaramucce. Sono preoccupati, stremati, impoveriti a causa della pandemia e delle misure di contenimento che tuttora sono necessarie. Aggiungere a questo malessere anche una crisi di governo, con tutte le schermaglie che si porta dietro, è davvero troppo. I politici lo sanno e la parola che fino all’altro giorno era tabù, “responsabili”, diventerà ciò che tutti rivendicano di essere. Ne approfitteranno per compattare le file, per brillare di luce riflessa di fianco al leader, pensando di sbarazzarsene quando sentiranno di non averne più bisogno. Ma ci siamo sbilanciati fin troppo nel provare a immaginare l’inizio di questa storia, non siamo così ambiziosi da pretendere di indovinarne anche la fine.

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