È il principale candidato per il probabile governo che avrà il compito di fare le riforme che l’Europa ci chiede, da tempo, senza successo. Parliamo di Mario Monti, presidente dell’università Bocconi di Milano ed ex commissario dell’Unione europea, nonché International advisor per la Goldman Sachs e membro dell’International advisory board della Coca-Cola Company.
Per provare a conoscere meglio la visione dell’economia sociale del possibile futuro primo ministro, pubblichiamo parte dell’intervista realizzata dal settimanale Vita il 16 settembre, in cui Monti è intervistato da Giorgio Fiorentini, professore alla Bocconi. Piccola premessa: nel corso dell’articolo si parla di Single market act, ossia un documento adottato il 13 aprile dalla Commissione europea, in cui si propongono dodici linee guida per il rilancio del mercato unico nel 2012. Il testo, che vede tra i suoi ispiratori proprio Monti, cita tra le leve per risollevare l’economia dell’Unione l’imprenditoria sociale: «Questo settore apporta crescita e occupazione -si legge nel comunicato della Commissione-. Per incoraggiarlo, occorrerebbe sfruttare pienamente la formidabile leva finanziaria costituita dall’industria europea della gestione delle attività. Proporremo un quadro europeo per i fondi di investimento solidale, per amplificare l’effetto delle iniziative nazionali esistenti aprendo a questi fondi le opportunità del mercato unico».
Già se ne parlava altrove, fa notare Monti: «Nel Trattato di Lisbona del 2010 si dice formalmente per la prima volta che l’Ue ambisce a essere un’economia sociale di mercato altamente competitiva. Il mercato ha in questo un ruolo essenziale, l’ha avuto fin dall’inizio dell’Ue. Il mercato comune è oggi entrato abbastanza in crisi in parte proprio perché la riconciliazione con l’aspetto “sociale” è apparsa problematica. Negli ultimi dieci anni vari fattori di tensione hanno mandato in crisi sia l’aggettivo (“unico”) che il sostantivo (“mercato”). Per l’aggettivo hanno inciso tensioni derivanti dalla stanchezza dell’integrazione, con Paesi riluttanti ad aprirsi ad altri Paesi. Per il sostantivo, l’avvento della crisi finanziaria, dal 2008, ha fatto crollare la fiducia nell’economia di mercato, traballante in Europa più che altrove. Ora l’Europa deve dare slancio alla propria competitività rispetto al resto de mondo, non si può permettere di rinunciare al mercato unico, all’economia di scala, non è auspicabile la frammentazione del mercato unico».
Fiorentini a questo punto lo incalza chiedendo quale ruolo dovrebbe assumere il sociale in questo quadro. Monti risponde così: «Entra in gioco proprio a questo punto: non solo molti, tra la popolazione e le forze politiche, vorrebbero un’Europa più sociale, ma ora riconoscere spazio al sociale diventa una priorità, come spiego nel rapporto che ho presentato a Barroso, e va visto come una riacquisizione di un più vasto consenso nell’avanzamento della costruzione del mercato stesso. Occorre quindi cambiare marcia nella costruzione del mercato: non certo frenare, ma conciliare meglio gli aspetti del mercato e quelli sociali. […] Nel mio rapporto, poi diventato base legislativa per il Single market act, si nota molto questa sensibilità verso il sociale, con proposte concrete. L’Act va oltre il Libro verde e le consultazioni: allo stato attuale si attende che i due poteri dell’Ue (Parlamento e Consiglio) deliberino con una fast track, una procedura veloce data l’urgenza del tema.
Chiudiamo con una nota sul nostro Paese, ci fa piacere leggere su Repubblica.it che «Il neo-senatore a vita ha dato indicazioni chiare sulla strada da prendere, convinto che “la crescita richieda riforme strutturali”, che tolgano “ogni privilegio” alle categorie sociali che ne hanno, cancellando il problema italiano di chi “protegge la propria circoscrizione elettorale”».