Secondo Transparency International, abbiamo guadagnato qualche posizione nella classifica che misura la percezione dei livelli di corruzione di tutti i Paesi del mondo. Una piccola buona notizia, a voler essere ottimisti, anche se a ben vedere restiamo comunque fermi piuttosto in basso, risalendo di soli tre gradini, dal 72esimo al 69esimo posto. Diciamo che la notizia è l’inversione di tendenza, visto che da molti anni stavamo andando nella direzione opposta. Resta il fatto che ce la giochiamo con il Kuwait, la Romania e il Montenegro, mentre restano lontani Paesi come la Francia (22esima), la Germania (12esima), per non parlare degli Stati scandinavi, che assieme alla Nuova Zelanda occupano da sempre le vette della classifica.
Forse hanno giovato le parole del Santo Padre, che in più occasioni ha ribadito la ripugnanza che egli prova per corrotti e corruttori, soprattutto se si professano cristiani. I suoi «devoti della dea tangente» resteranno probabilmente nella storia: «Forse oggi ci farà bene pregare per tanti bambini e ragazzi che ricevono dai loro genitori pane sporco: anche questi sono affamati, sono affamati di dignità! Pregare perché il Signore cambi il cuore di questi devoti della dea tangente e se ne accorgano che la dignità viene dal lavoro degno, dal lavoro onesto, dal lavoro di ogni giorno e non da queste strade più facili che alla fine ti tolgono tutto». E ancora: «Un cristiano che si vanta di essere cristiano, ma non fa vita da cristiano, è un corrotto. Tutti conosciamo qualcuno che è in questa situazione e quanto male fanno alla Chiesa! Cristiani corrotti, preti corrotti: quanto male fanno alla Chiesa! Perché non vivono nello spirito del Vangelo, ma nello spirito della mondanità». Nel Paese dei falsi invalidi, si può forse introdurre il concetto di falsi credenti. La presidente di Transparency International Italia si dichiara cautamente ottimista per il cambio di tendenza: «Si sono compiuti molti sforzi strutturali per migliorare la trasparenza e l’integrità del settore pubblico –ha commentato– naturalmente dobbiamo proseguire, ma il messaggio sembra recepito, anche se resta l’uso disinvolto e spesso incompetente delle risorse pubbliche che creano debito, tasse e rabbia».
La questione va seguita anche nei periodi in cui non escono le classifiche e in cui il tema della corruzione entra in fase “dormiente”, scomparendo dalle cronache. All’inizio di novembre, il 9, mentre tutti sottolineavano le parole del Papa, alcuni si soffermavano su alcuni dati. Lo faceva Gian Antonio Stella sul Corriere, scrivendo che: «È un peso enorme, quello delle mazzette. Perfino al di là dell’aspetto morale. Lo testimonia un dossier di Confindustria del 2012 che spiega come gli investimenti esteri in Italia siano precipitati dal 2 per cento del totale spalmato su tutto il pianeta nel periodo 2000-2004 a un misero 1,2 per cento negli anni 2007-2011. Quasi un dimezzamento. Una sconfitta storica». Lo stesso giorno scriveva anche Francesco Merlo sul proprio blog un post amaro, che si concludeva con queste considerazioni: «In questa Italia della truffa e dell’arraffo, si tratti di una bottiglia di vino in Piemonte o di un appalto per la pulizia degli ospedali campani, per forza deve esserci qualcosa di più (o di meno) della furbizia classica e della cresta sulla spesa, che in fondo è sempre stata un segno di opulenza e di benessere. Forse c’è davvero lo Stato in decadenza in questi uomini di partito, forse le piccole abbuffate di questo ceto impiegatizio e roditore ripropongono, come estrema risorsa della politica, l’antico modello economico delle città barbaresche, quelle che crescevano grazie al “furto”, forse l’Italia disperata della pirateria a scrocco è l’esemplificazione della profezia di Brecht: “La corruzione è la nostra unica e ultima speranza”».