Il 21 marzo si è svolto a Palermo un convegno dal titolo “Migranti e salute: tra prevenzione, cura e fake news”. Un argomento che è diventato fonte di «paure, disinformazione e di false credenze», secondo quanto si legge in una nota dell’Associazione medici endocrinologi (Ame) riportata da diversi giornali. Uno dei rischi, quando si parla di salute, è confondere piani che devono restare ben distinti. La cura e l’assistenza del malato, qualunque sia la sua provenienza, deve restare separata da considerazione politico-ideologiche. La rappresentazione che talvolta viene fatta dalla politica (colpevolmente riprodotta da molta stampa) porta a false conclusioni, quali il fatto che non ci sia un’equa allocazione di risorse tra cittadini e stranieri residenti.
Non è una questione politica
«Come medici – ha spiegato Piernicola Garofalo, responsabile scientifico dell’Unità operativa di Endocrinologia dell’Azienda Ospedali riuniti Villa Sofia-Cervello di Palermo – il nostro operato non può muoversi da questioni politiche e suggeriamo di valutare il fenomeno migratorio partendo dai dati genuini che sono scaturiti a partire dal contributo di tanti operatori sanitari che quotidianamente si impegnano su tutto il territorio italiano. L’obiettivo è quindi esclusivamente etico e deontologico: fare buona informazione e far conoscere, anche nell’interesse di tutti, quali sono i bisogni e le opportunità di salute – tra prevenzione e cura – migliorando l’accesso alla fruizione del Ssn, rimuovendo le barriere anche linguistiche che ancora esistono e che peraltro mettono in difficoltà anche gli italiani fragili. Ricordiamoci che la salute di una intera comunità non può prescindere dalla buona salute di ciascuno dei suoi membri».
Il decalogo della disinformazione sui migranti
Dal convegno è nato un decalogo che chiarisce alcune cifre e contraddice molti luoghi comuni relativi alla presenza di stranieri in Italia, e al loro impatto sul Sistema sanitario nazionale.
Gli immigrati residenti in Italia sono notevolmente aumentati nel corso degli ultimi cinque anni. No, l’incremento è solo dello 0,3 per cento.
Gli immigrati vengono principalmente dall’Africa. No, solo il 20 per cento.
Gli immigrati sono nella maggior parte musulmani. No, sono prevalentemente cristiani (52 per cento), solo il 32 per cento musulmani.
Gli immigrati portano nuove malattie. No, nessun dato statistico depone in tal senso. Di solito gli immigrati sono “sani”. L’immigrato è un progetto di vita e, per tale motivo, le persone che decidono di emigrare sono persone sane, sulle quali sono caricate aspettative di riscatto per sé stesso e per la famiglia che resta nel paese d’origine.
Gli immigrati portano TBC, HIV, Epatiti. No, i tassi di incidenza sono stabili o in riduzione sia nella popolazione italiana che fra gli immigrati.
Gli immigrati si ammalano di più. No, almeno non per cause pregresse ma solo durante il soggiorno in Italia, per mancato accesso alle cure.
Gli immigrati sottraggono risorse economiche al nostro paese. No, il saldo globale secondo i dati Istat è positivo per l’Italia. Il tema è piuttosto complesso, tuttavia, il fatto che mediamente essi siano concentrati nella fascia di popolazione in età lavorativa, unito al progressivo invecchiamento della popolazione italiana, fa sì che l’immigrazione provochi un aumento della forza lavoro, fondamentale risorsa produttiva per qualsiasi paese. Per la stessa ragione, l’apporto degli immigrati alle finanze pubbliche italiane, in termini di imposte e contributi sociali versati, eccede quello dei benefici da essi ricevuti, soprattutto perché molte delle spese relative alla salute in Italia sono strettamente legate all’età. Ne consegue che l’immigrazione offre un contributo netto positivo anche al nostro sistema di welfare, come recentemente ribadito nella relazione annuale del Presidente dell’Inps ed in numerosi studi e rapporti sul tema.
Gli immigrati maschi si recano in pronto soccorso per malattie infettive o sessualmente trasmesse. No, la prima causa sono i traumi sul luogo di lavoro. Gli immigrati spesso trovano lavoro in situazioni non regolari, di lavoro nero dove le più basilari norme di prevenzione degli infortuni non sono attuate.
Gli immigrati irregolari sono quelli che arrivano con i barconi. No, il maggior numero è costituito da immigrati che perdono il diritto di soggiorno (75 per cento). Spesso l’immigrato irregolare è una persona che ha perso il lavoro e di conseguenza perde il diritto di vivere in Italia. La crisi economica non crea solo disoccupati, ma anche immigrati irregolari. Alla radice di tutto c’è l’impianto della legge sull’immigrazione, che lega indissolubilmente il permesso di soggiorno al contratto di lavoro. Ora che il tasso di disoccupazione tra gli stranieri ha raggiunto il 17 per cento, questa regola si è trasformata in una mattanza. Basti pensare che tra il 2014 e il 2015 ben 300 mila permessi di soggiorno non sono stati rinnovati: si stima che 100 mila immigrati se ne siano andati, ma altri 200 mila sono rimasti qui, senza un documento, obbligati a vivere e a lavorare in nero.
La maggior parte degli immigrati residenti in Europa vive in Italia. No, soltanto il 10 per cento.
(Foto di Mika Baumeister su Unsplash)