Nel post di ieri si parlava delle bugie che non vorremmo più sentire, e si è citato il Jobs act. Proseguiamo nello stesso solco, ma su un altro argomento: il problema delle migrazioni. Per tutto il 2015 (e anche prima) ci siamo sentiti ripetere slogan pieni di paura e odio (sentimenti che si accompagnano bene tra loro) nei confronti di un fenomeno non certo nuovo. Secondo la più accreditata teoria paleoantropologica, le prime migrazioni di homo sapiens dall’Africa verso la penisola araba, attraverso il mar Rosso, sono avvenute circa 70mila anni fa. Da allora, gli spostamenti non si sono mai interrotti, e nel corso dei millenni si è sviluppata la incredibile varietà di culture e popolazioni che oggi popolano il mondo. Tutto molto affascinante, ma evidentemente non abbastanza da fare in modo che il mondo “occidentale” viva con serenità il proprio rapporto con i confini e con l’arrivo di persone da altri territori. L’Europa ne è la dimostrazione lampante.
Dopo anni di trattative per rimuovere dogane e barriere tra gli Stati, oggi se ne torna a parlare come mezzo per fare fronte ai numerosi arrivi e alla psicosi da terrorismo. In Italia, in particolare, si è fatto un gran parlare di un’invasione incontrollata, sfruttando il dramma dei morti in mare per spostare l’attenzione non sul disastro umanitario, ma sui pochi che invece riescono ad approdare sulle nostre coste, visti come un pericoloso peso sulle spalle di una nazione in difficoltà. Intanto facciamo notare subito una contraddizione che si sta facendo strada nel dibattito, anche tra i commentatori più moderati: la differenza tra richiedenti asilo e i migranti per questioni economiche. Universalmente sembra passare l’idea che alle due categorie vada riservato un trattamento diverso, fatto di accoglienza e spirito umanitario per i primi, di controlli e (nel caso) rimpatri forzati per i secondi. Se ci troviamo d’accordo nel primo caso, ci spieghiamo molto meno la convergenza verso il secondo. Tra i vari refrain che spopolano c’è quello che recita: «Se vengono qui per lavorare bene, altrimenti a casa». Chi è più motivato a lavorare di un migrante che fugge dal proprio Paese per questioni economiche? Ci sono tipologie di lavori che gli italiani non sono più disposti a fare, dunque non c’è una vera concorrenza per le mansioni più umili. Inoltre i migranti che cominciano a lavorare sotto contratto versano dei contributi, per anni, e in molti casi non matureranno il diritto alla pensione, dunque il bilancio finale sarà favorevole allo Stato.
Detto questo, la grande bugia è sconfessata dai numeri. L’Italia è infatti uno dei Paesi meno interessati dal fenomeno. Addirittura gli arrivi via mare dalla Libia sono diminuiti di circa 20mila persone rispetto al 2014. Anche dal punto di vista delle domande di asilo inoltrate siamo molto indietro rispetto agli altri Paesi europei, in una classifica dell’Organizzazione internazionale per le migrazioni (Oim) siamo solo al quindicesimo posto. Certo gli arrivi via mare fanno impressione e si fanno notare (in Italia come in Grecia) per i risvolti tragici che portano con sé. Ma rappresentano una minima parte degli arrivi complessivi, la maggior parte dei quali avviene via terra. I dati complessivi sul 2015 non sono ancora disponibili, ma qualche settimana fa il sito dell’Espresso pubblicava i dati Istat relativi al 2014, che mostrano come i livelli di immigrazione registrati in quell’anno siano scesi ai livelli del 2007. Con la crisi, anche le strategie dei migranti si sono adattate, prediligendo altre destinazioni. Non dimentichiamoci poi che molte persone, se possono, tendono a tornare nei rispettivi Paesi d’origine, dunque il flusso migratorio è sempre a due direzioni.
L’ultima polemica è quella relativa al bando emesso dal comune di Milano per l’accoglienza di richiedenti asilo nelle case di privati cittadini che ne facciano richiesta. Se selezionati, gli ospitanti ricevono un massimo di 350 euro al mese come contributo spese, 400 se ospitano più di una persona. La condanna dell’iniziativa da parte dei leader dei partiti più xenofobi non si è fatta attendere: Matteo Salvini ha parlato di «razzismo nei confronti degli italiani», Giorgia Meloni addirittura minaccia di portare in tribunale il sindaco di Milano. La bugia, la solita, è che si tolgano risorse che potrebbero essere destinate agli italiani in difficoltà per devolverle ai richiedenti asilo. Non è così: il soldi arriveranno dal Fondo nazionale per le politiche e i servizi dell’asilo. Un fondo che già esiste, e che se non fosse usato per questa iniziativa sarebbe usato per altre, sempre rivolte all’accoglienza, assistenza e inclusione dei migranti. Per gli italiani ci sono altri fondi. Che poi non vengano utilizzati come si potrebbe, non è questione che compete a chi fugge da guerre e persecuzioni.
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