Il naufragio avvenuto al largo delle coste di Lampedusa lo scorso 3 ottobre, in cui persero la vita 368 persone, ha messo in evidenza il dramma creato dall’indirizzo preso dall’Unione europea verso la “difesa delle frontiere”. C’è chi vuole fare in modo che non resti una delle tanti stragi che si sono consumate nel Mediterraneo, ma ha deciso di partire da lì per elaborare una carta dei diritti scritta “dal basso”, ossia dalle associazioni, dai professionisti e volontari che ogni giorno si occupano di migrazioni. Non una carta “dei migranti”, perché è proprio la dicotomia cittadino/straniero che si vuole superare. Il coordinatore del progetto Melting Pot, Nicola Grigion, parla di «“Diritti di tutti. La questione di fondo, al di là degli stereotipi, è il dubbio che in tempi difficili per ‘noi’, debba passare in secondo piano l’aiuto agli ‘altri’. Ma a ben vedere siamo tutti sulla stessa barca: quella della ridefinizione della nostra posizione nella società. Mi spiego meglio: in Europa si sta facendo strada negli ultimi anni, complice la crisi che mina le certezze date per acquisite fino a poco tempo prima, un concetto di cittadinanza gerarchico, differenziato”. L’esempio che porta Grigion è “la recente presa di posizione sia del cancelliere della Germania Angela Merkel sia del primo ministro inglese David Cameron, che si sono lamentati dell’eccessiva immigrazione dei giovani italiani nei loro paesi. La questione quindi non riguarda solo chi viene dall’Africa o da paesi più poveri, ma ci riguarda tutti”». Farebbe bene a pensare anche a questa faccia della medaglia chi porta avanti senza sosta l’idea unica di “rimandarli tutti a casa”.

Interessante quindi l’idea di Melting Pot di redigere quella che sarà chiamata la Carta di Lampedusa, e che sarà scritta tra oggi e il 2 febbraio nell’isola siciliana. «Decine di movimenti e associazioni – si legge sul sito degli organizzatori – reti ed organizzazioni, europee e nordafricane, stanno lavorando insieme per incontrarsi a Lampedusa e cominciare da lì a riscrivere la storia dello spazio Mediterraneo e oltre, iniziando dal rovesciamento dell’immagine di Lampedusa spettacolarizzata come isola-confine. Un patto costituente tra molti e diversi, un processo collettivo, uno spazio comune che sarà responsabilità di ognuno preservare, ciascuno con le sue pratiche e le sue modalità, un’occasione per iniziare a capire collettivamente come costruire una geografia del cambiamento che vada oltre i confini imposti dall’Europa per trasformare questo manifesto in realtà».

Ci auguriamo che dalle idee delle organizzazioni, movimenti e reti di attivisti coinvolte nasca un testo in grado di recepire le misure che la situazione internazionale impone di adottare e di anticipare quelli che saranno gli equilibri del futuro prossimo. Soprattutto, un risultato importante sarebbe fare arrivare il testo sui banchi della politica, in modo che esso possa dettare le linee guida delle norme future in tema di migrazioni. Non parliamo solo di politica italiana, ma anche europea, dato che è poi dagli accordi presi in sede comunitaria che scaturiscono le leggi degli Stati. Buon lavoro quindi al coordinamento Melting Pot e speriamo di leggere presto nuove idee e incontrare un atteggiamento diverso su un tema che ha davvero bisogno di essere affrontato in maniera diversa.