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La politica del dialogo a Milano è iniziata ieri. Per la precisione con la visita del vice sindaco Maria Grazia Guida al centro islamico di via Padova, che vedeva i fedeli riuniti in occasione dell’“Aid el-Fitr”, la celebrazione della fine del Ramadan. Un altro rappresentante dell’amministrazione comunale, l’assessore alla Sicurezza Marco Granelli, era invece presente all’analoga manifestazione che si svolgeva nella moschea di viale Jenner. Dopo anni in cui la libertà di culto per i fedeli dell’islam è stata osteggiata da chi aveva nelle mani le redini della città, finalmente si inizia a dimostrare un vero interesse per i diritti dei cittadini, anche quelli nuovi. In realtà, come sempre, la società civile si era mossa molto prima. Da tempo infatti, e quest’anno la tradizione si è ripetuta, la parrocchia di San Giovanni Crisostomo ospita i fedeli musulmani sul campo dell’oratorio, nei momenti di massimo affollamento, in cui il centro islamico non è in grado di accoglierli.

Tutto ciò accade perché dal 1996 (quando via Padova non era ancora percepita come luogo problematico di frontiera del capoluogo) opera da quelle parti don Piero Cecchi, prete brianzolo che sul dialogo ha costruito la sua chiesa, non senza difficoltà. «Ritengo, in tranquillità, che sia giusto che persone con confessioni diverse siano rispettate. Ed è giusto che si chieda loro di rispettare noi. Parte dei miei parrocchiani non è d’ accordo, qualcuno ha anche cambiato chiesa», dichiarava nel 2008. Il prete (che ufficialmente ha rimesso il suo mandato nelle mani dell’arcivescovo Tettamanzi, senza per questo abbandonare la sua comunità) ha anche un’idea precisa in merito alla possibilità, di cui si discute anche in questi giorni, di allestire una grande moschea a Milano, per farvi confluire tutti i fedeli: «Se dovessi andare a messa tutte le domeniche a San Siro, beh, qualche volta la salterei anch’io». Molto meglio quindi le moschee di zona, previste nel programma della giunta Pisapia, e al centro di un’accesa polemica all’interno della maggioranza meneghina.

Come sempre i ministri di culto che passano più tempo assieme alla gente comune, piuttosto che tra gli intrighi di Palazzo, parlano con parole semplici, che sanno andare dritto al cuore delle questioni: «Penso che sia saggio e giusto che i musulmani abbiano i loro luoghi di riferimento». E ancora: «D’altra parte, la mia linea è quella del Vangelo, confermata anche dal mio vescovo». Come dargli torto? Per lui non esistono stranieri, ma solo persone: «Straniero contiene la radice della parola estraneo, e per me nessuno è estraneo. Soffro quando via Padova è vittima dei pregiudizi –confida-. Si parla male di un’astrazione. Non esistono “i rom”, “i marocchini”: esistono persone con nome e cognome. Non si può fare una guerra alle astrazioni». E quindi apprezziamo il gesto simbolico di vice sindaco e assessore nel partecipare al momento di preghiera. Ma se, come ammette la stessa Guida, «c’è il bisogno di una mediazione per arrivare al dialogo», non ci si dimentichi che c’è chi da anni ha iniziato, lontano dalle telecamere, un percorso di relazione con la comunità musulmana. «La politica ha il peccato originale di strumentalizzare le cose. La chiesa ha un riferimento invalicabile: il Vangelo», diceva nel 2008 don Piero. Chissà che non sia giunto il momento di fargli cambiare idea, dimostrando che anche la politica può perseguire il bene collettivo con impegno e atti concreti.