Sulla violenza domestica ai danni delle donne, la politica resta sempre un passo indietro rispetto alla realtà. Il 20 settembre saltava una mozione sul tema prevista al Senato, perché non c’era nessuno a presiedere la seduta. Un caso probabilmente unico nella storia repubblicana, ma fatto sta che nessuno, tra presidente, vicepresidente e presidente di turno, aveva tempo di farlo. Così i lavori si sono interrotti, lasciando fuori dal dibattito proprio questa importante questione. Per fortuna, arrivano notizie più interessanti dai territori, in particolare quello emiliano, dove si registra il successo dell’iniziativa “Liberiamoci dalla violenza”, sportello dedicato agli uomini colpevoli di violenza verso le proprie compagne.
Se resta aperto il problema, sia in termini assoluti -«Solo nel corso del 2010 -scrive l’Ausl di Modena– gli accessi ai pronto soccorso provinciali di donne e minori che hanno subito violenze di genere (o familiari) sono stati oltre 700, una media di circa due al giorno. Numeri in linea, purtroppo, con quelli registrati nel 2009»-, sia in termini di mancata emersione del fenomeno -il 96 per cento delle donne non denuncia di aver subito violenza-, c’è però chi sta provando a sperimentare diverse strade per il recupero dei protagonisti negativi di queste vicende. Facile bollare come “mostro” chi si renda colpevole di tali crimini; meno lo è provare a recuperare queste persone, che hanno sbagliato e hanno evidentemente un problema con se stessi e con la propria famiglia, che non riescono a sfogare se non con aggressività.
Il progetto nasce alla fine del 2011 da una collaborazione tra la Ausl di Modena e la Regione Emilia-Romagna, sulla scia dell’esperienza del centro “Alternative to Violence”, di Oslo, che è stato anche la sede di formazione degli operatori emiliani. Finora sono stati assistiti 27 uomini, tutti italiani tranne due, di età compresa tra i 36 e i 50 anni. «Raggiungere gli uomini violenti potrebbe permettere di arrivare là dove la paura di denunciare ci toglie qualsiasi strumento d’azione», ha dichiarato la coordinatrice del progetto Monica Dotti al Fatto Quotidiano. Da Oslo arriva la voce degli esperti di questo tipo di esperienza, che sottolineano l’importanza di affrontare il problema già a scuola e in famiglia. In questo l’Italia è molto indietro, fa ancora troppo poco per promuovere una cultura che condanni ogni forma di violenza, compresi i piccoli episodi domestici che per abitudine molti si abituano a tollerare. Ed è qui che la politica potrebbe, e dovrebbe, fare qualcosa. Magari evitando odiosi incidenti di percorso come quello del 20 settembre, quando improrogabili impegni hanno imposto un ulteriore ritardo al possibile raggiungimento di una soluzione del problema.