In questi giorni sono state diffuse su internet alcune gallerie di foto che mostrano il vuoto. Paesaggi urbani un tempo brulicanti che improvvisamente sono tornati a una ruralità abbandonata. Il primo, molto lontano geograficamente, è quello di Fukushima, o meglio della cittadina giapponese di Namie-Machi, che due anni fa fu evacuata in seguito all’incidente nucleare provocato dallo tsunami che si abbatté sulla costa nipponica, compromettendo i sistemi di raffreddamento della centrale nucleare di Fukushima. La zona rientra nell’area potenzialmente interessata dalle radiazioni rilasciate dalla centrale e quindi nessuno è autorizzato a entrarvi, salvo rarissimi casi. Tra questi, hanno ottenuto il permesso le Google cars, che hanno mappato l’intera area, restituendo un reticolato cittadino tristemente vuoto e desolato. Paradossalmente, le mappe più famose del mondo mettono a disposizione di tutti una risorsa che non potrà essere utilizzata da nessuno, chissà per quanti anni. L’unico possibile uso di questa street view è per noi che dall’altra parte del mondo abbiamo sete di immagini per soddisfare la nostra curiosità e renderci conto di cosa può accadere quando la natura decide di riprendere il controllo di quell’energia che solo essa può produrre, e che l’uomo cerca da sempre di controllare, a costo di mettere a rischio la propria stessa sopravvivenza.

L’altra galleria del vuoto viene da luoghi molto meno remoti, ossia da un paesino di nome Onna, appena fuori L’Aquila, che nel terremoto di quattro anni fa fu tra i centri più colpiti. Vi morirono 40 persone per i crolli causati dal sisma, e i sopravvissuti da allora risiedono in unità abitative messe a disposizione dalla Provincia autonoma di Trento. Sono foto non sono molto diverse da quelle giapponesi: case diroccate o puntellate per evitare il crollo, strade deserte, nessuna traccia di presenza umana recente. Dopo l’apposizione dei cartelli che recitano “Zona rossa, vietato l’ingresso”, qui è successo ben poco. Sicuramente meno di quanto si aspettassero i residenti dopo le promesse seguite al disastro. Però qualcosa si poteva fare: non ci sono radiazioni a impedire l’intervento, quanto invece l’inefficacia di una politica che in questi anni ha pensato ad altro, oppure non è stata capace di trovare le risorse necessarie a ricostruire. Le stesse risorse che servirebbero per rimettere in piedi ciò che è crollato in Emilia per il terremoto avvenuto quasi un anno fa, in un territorio che sta tornando a vivere soprattutto grazie alla solidarietà tra le persone, secondo un principio di sussidiarietà che sta mettendo in luce le potenzialità degli interventi “dal basso” e, per contro, l’inconsistenza di chi dovrebbe intervenire “dall’alto”.

[Con questo post ZeroNegativo vi saluta e vi dà appuntamento a martedì 2 aprile. Cogliamo l’occasione per augurare a tutti buona Pasqua]