Anche quest’anno, come da una quindicina a questa parte, novembre è il mese della raccolta fondi per la ricerca sui problemi di salute maschile. L’iniziativa si chiama Movember, è nata in Australia ma nel tempo è diventata una fondazione che agisce in tutto il mondo, e si prefigge di finanziare progetti sul cancro alla prostata, ai testicoli, sulla salute mentale e la prevenzione del suicidio negli uomini.

Per quanto riguarda gli attivisti di Movember, le regole del gioco sono sempre le stesse: bisogna rasarsi completamente la barba all’inizio di novembre, e poi nel corso di tutto il mese lasciar crescere solo un paio di baffi (su stile e misure c’è ampia libertà), che nel corso delle settimane saranno sempre più rigogliosi ed evidenti. L’obiettivo è attrarre l’attenzione su di essi, affinché al primo “come mai questi baffi?”, il Mo Bro (cioè l’attivista) possa snocciolare tutte le sue conoscenze sulla campagna, sui problemi legati alla salute maschile nel mondo, ecc. Se tutto va bene si recluterà un nuovo Mo Bro (o anche una Mo Sista, non è una campagna sessista: si può supportare la causa anche senza baffi), se va ancora meglio si porterà qualcuno a fare una donazione che andrà a finanziare uno dei progetti in cui è impegnata la fondazione.

Dalla sua nascita, questa ha investito oltre 200 milioni di dollari, grazie al supporto di 5 milioni di persone, per finanziare più di 1.200 progetti in 20 paesi nel mondo. Per rendersi utili, oltre a segnalare il proprio appoggio col cambio di look (ammesso che lo sia, la moda hipster ha reso i baffi un elemento piuttosto comune tra gli uomini), si può aderire all’iniziativa Move, correndo o camminando per 60 chilometri al mese (magari si può cominciare iscrivendosi al corso di Nordic Walking che organizza Avisport, per esempio). È un modo per cominciare ad agire sulla propria salute, attivando abitudini sane e provando a influenzare, per emulazione, le persone che ci stanno intorno. Ovviamente qui la dimensione social è fondamentale. Muoversi fa bene, ma se molti vengono a sapere che lo si sta facendo, e soprattutto perché, ogni chilometro percorso avrà un impatto molto maggiore.

Altrimenti si può organizzare un evento. Di qualunque tipo: una festa, una cena tra amici, un ritrovo per vedere una serie Netflix. Ogni occasione è buona per prendersi un momento in cui “spiegare” i propri baffi, accennare alla raccolta fondi, far conoscere il problema e spingere altre persone all’azione. Se è piuttosto intuitivo perché il tumore alla prostata e quello ai testicoli riguardino prettamente la salute maschile, può essere meno chiaro come mai si dedichi una parte dei finanziamenti alla ricerca sulla salute mentale e sulla prevenzione del suicidio. È utile sapere che, a livello mondiale, tre suicidi su quattro sono compiuti da uomini, che 500mila uomini ogni anno si danno la morte, e che il suicidio è la seconda causa di morte tra i giovani maschi dai 15 ai 29 anni.

Alcuni dei problemi relativi alla salute mentale maschile derivano da problemi culturali e dalla gestione delle proprie emozioni. Talvolta ci si aspetta che non sia “da uomini” mostrare fragilità, indecisione, dubbi, e in generale emozioni contrastanti. Questo porta a mostrarsi “forti e silenziosi”, piuttosto che cercare aiuto. Un atteggiamento che può avere conseguenze dannose, e che può portare ad aggravare problemi che se presi in tempo potrebbero essere affrontati agilmente. Tra i fattori di rischio, si legge sul sito della fondazione (https://ex.movember.com/it/mens-health/mental-health), ci possono essere un passato personale o familiare di disturbi mentali, l’uso di alcol e droghe, soffrire di malattie mediche gravi, l’isolamento o solitudine, la disoccupazione, essere senza tetto, o vivere conflitti o altre situazioni di vita stressanti. In tutti i casi, il consiglio è di essere proattivi per quanto riguarda la salute mentale.

Se si sospetta di avere un problema, o che qualcuno che conosciamo ce l’abbia, la prima cosa da fare è parlarne con qualcuno: una persona fidata, un familiare, un’associazione o sportello di ascolto, il medico di famiglia. Gli strumenti per affrontare i problemi non mancano, ma il primo passo è prenderne coscienza.

(Foto di Alan Hardman su Unsplash)