Oggi pubblichiamo uno stralcio dell’articolo pubblicato sul blog Doppiozero dallo scrittore Giuseppe Montesano. Vi si racconta di una passeggiata fatta sabato 25 giugno nel quartiere Mergellina della sua città, Napoli, in cui, al contrario di ciò che raccontano i media in quegli stessi giorni, l’emergenza rifiuti ha preso una piega ben diversa. Ci scusiamo con l’autore per aver dovuto tagliare ampie parti del suo scritto, e rimandiamo all’originale per la versione integrale.
“Guardiamo, giriamo, percorriamo corso Garibaldi, svoltiamo per porta Capuana, saliamo per Vico lungo a Carbonara, nel cuore del cuore della città plebea, ma invano. Il disastro che siamo venuti a vedere e a interpretare non c’è. A quel che sembra, e secondo il responso dei nostri occhi, la raccolta straordinaria ventiquattr’ore su ventiquattro annunciata ieri dalla nuova amministrazione è stata fatta. Almeno qui, dove noi ci aggiriamo con l’aiuto degli occhi e dei sensi e senza telecamere, il disastro non c’è. Ma da bravi antropologi della contemporaneità, sospettiamo di noi stessi, e ci guardiamo di sottecchi: siamo forse troppo a favore degli indigeni? Il nostro sguardo è viziato da un’ideologia fantasma? Vediamo quello che vogliamo vedere e che è già disegnato dalle nostre aspettative? Siamo talmente desiderosi di essere scientifici e oggettivi che salutiamo alcuni grandi mucchi di immondizia con un sorriso quasi felice, o quanto meno con un senso di riconoscimento: eccola, finalmente, la monnezza c’è! Ma dopo un poco dobbiamo confessare che è una monnezza deludente, un reperto poco chiaro: infatti questi cumuli non se ne stanno sparsi per strada, bruciati, innalzati in barricate, ma sono stati ordinati in attesa degli spalatori.
[…] Dopo qualche telefonata ad amici, e qualche piccolo sforzo, ci rendiamo conto che quello che avevamo pensato era esatto: la raccolta straordinaria, durata tutta la notte, ha proceduto a settori. La città sta lavorando a ripulirsi. E la plebe, qui dove vediamo le cose con i nostri occhi e i nostri sensi, ha collaborato con l’amministrazione. Nessuno è stato così stupido e plebeo da incendiare la monnezza fuori al suo palazzo. Nessuno ha sventrato sacchetti sulle vie che percorre per tornare a casa. Nessuno ha lanciato sacchetti per impedire ai propri bambini di andare a scuola. […]
Il tempo è bello, e la città è immersa nella stupefacente quiete che la prende il sabato mattina. Si risveglierà più tardi, Napoli.”
Qui finisce il racconto, e iniziano le considerazioni di Montesano.
“Ciò che abbiamo visto con i nostri occhi sabato 25 giugno 2011 ci ha dato un’idea diversa di quella che ci eravamo fatti guardando distratti la televisione. I dati forniti dalla nuova amministrazione della città, che parlavano di più di un quarto di immondizia tolta dalle strade in circa ventiquattr’ore, arriveranno in televisione solo in serata, ma saranno ancora accompagnati dalle immagini infere degli incendi appiccati: incendi propagati, secondo la nuova amministrazione di Napoli, da persone evidentemente interessate a creare il caos. Ma le immagini, già di repertorio, che le televisioni, anche le meno asservite, manderanno nella giornata di sabato 25, e poi ancora in quella di domenica 26, non corrispondono con esattezza alla realtà trovata da noi sul campo: sono pezzi ingigantiti del corpo della realtà, e, esattamente come i pezzi ingigantiti del corpo umano falsificato dalla pornografia, non servono né alla conoscenza oggettiva né al godimento libero, ma solo all’eccitazione immediata del pubblico. Un’eccitazione rapida, fatta di violente scariche e contraccolpi immediati, un’eccitazione da impotenti.
I media sono lenti? O mentono? Non è importante, se si osserva questo fatto attraverso un’antropologia dei media. La lentezza e l’incompletezza sono forme della menzogna. Non c’è solo la menzogna volontaria, ma anche quella passiva, inconscia e incosciente. […]
A due osservatori non particolarmente attenti, che hanno camminato a Napoli per qualche ora di sabato 25 giugno, si è rivelato che c’è un buco nero nei media e nella cosiddetta informazione: ma che forse è un buco nero non tecnico o politico, ma culturale. Il buco rivela una cultura dell’approssimazione che è l’altra faccia del sistema stimolo-risposta da cani di Pavlov che oggi tiene tutti in ostaggio, da Facebook alla televisione, dal bambino obeso all’Europa Unita, dal Parlamento al tizio che violenta la fidanzata che non lo vuole più e uccide lei e il fratello”.