Da tempo si denuncia in Italia un’offerta insufficiente di posti negli asili nido. Il problema è affrontato con importanti investimenti all’interno del Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR), ma i fondi stanziati sono al momento molti meno di quelli che stiamo riuscendo a spendere.
L’Italia è tra i paesi con la percentuale più alta di bambini che partecipano all’istruzione prescolare in Europa (94,6%, più della media UE). In termini di offerta, però, le cose non vanno così bene.
Secondo dati pubblicati da Openpolis, infatti, ci sono solo 27,2 posti ogni 100 bambini (per quanto il dato sia in crescita costante: erano 22,5 nel 2013). Vuol dire che non abbiamo ancora raggiunto l’obiettivo imposto dall’Unione europea per il 2010, che era di 33 posti ogni 100 bambini. Nel frattempo l’UE ha rilanciato il nuovo obiettivo di 45 su 100 per il 2030, il che ci pone in una posizione ancora più difficile.
«Sull’investimento per gli asili nido e le scuole dell’infanzia – spiega Openpolis – il Pnrr stanzia 4,6 miliardi di euro complessivi. Gran parte di essi, 3 miliardi, vengono assegnati attraverso un nuovo bando, le cui graduatorie sono state pubblicate ad agosto [2022]. Di questi 3 miliardi, 2,4 sono destinati agli asili nido e i restanti 600 milioni alle scuole per l’infanzia. Altri 700 milioni invece andranno a finanziare progetti già in essere […]. Un’altra parte (900 milioni) sarà destinata alle spese di gestione».
Risorse importanti, dicevamo, ma che rischiano di non essere del tutto assorbite dal sistema a causa di un complesso sistema di assegnazione. Il paradosso, peraltro, è che le aree in cui il servizio è più sviluppato sono anche quelle più attrezzate per partecipare ai bandi e ottenere finanziamenti per nuovi progetti e strutture. Dove invece, come al Centro-Sud, l’offerta è minore, c’è anche meno capacità di accedere ai finanziamenti. Come si può vedere dal grafico che segue, si va dai 44 posti ogni 100 abitanti dell’Umbria agli 11 della Campania. Ovviamente la densità abitativa e l’età media dei bambini in ciascun territorio influenzano questi dati, mettendo in difficoltà le regioni più popolose.
Secondo uno studio citato da Redattore Sociale, peraltro, l’obiettivo posto dall’Europa non si raggiungerebbe nemmeno con una piena allocazione delle risorse disponibili: «Sono 264 mila i posti da creare nei servizi e scuole per l’infanzia in Italia entro la fine del 2025 per ricevere un finanziamento di 3 miliardi di euro del Pnrr, che si aggiungono ai 1.6 miliardi dei progetti in essere. Francesco Corti, Research Fellow, Centre for European Policy Studies (Ceps) ha presentato l’analisi delle misure contenute nei piani di ripresa e resilienza di cinque stati membri (Italia, Spagna, Portogallo, Germania e Slovacchia) concentrandosi in particolare sull’impatto del Pnrr sulla creazione di nuovi nidi. L’Italia, come la Spagna, utilizza il dispositivo per la ripresa e la resilienza per accrescere la disponibilità di servizi (misurata in numero di nuovi posti creati) e per ridurre le disparità interne tra regioni. Tuttavia, nonostante il 40% di risorse siano destinate al mezzogiorno, e il fatto che l’Italia si sia impegnata a garantire la soglia di copertura del servizio del 33% in tutte le regioni, il target non viene raggiunto neanche considerando oltre ai posti pubblici anche i posti privati, soprattutto nelle regioni del Mezzogiorno, Campania e Sicilia in testa. A questi problemi si aggiunge quello della distribuzione dei servizi all’interno delle regioni (criterio ignorato) e quello degli educatori (42 mila quelli potenzialmente da assumere), che non si trovano per via della mancanza di personale qualificato e delle condizioni di lavoro non attraenti e non omogenee nel nostro Paese».
In quest’ultimo passaggio si cita un altro importante aspetto del problema: una volta create le strutture, va trovato il personale che si occupi dei bambini. Una questione che da tempo le associazioni segnalano, ma che si fa sempre più urgente ora che si sta accelerando sulla realizzazione dei nuovi nidi.
Come fa notare il network EducAzioni in una nota, «È urgente una programmazione articolata e congiunta tra Atenei, Amministrazioni regionali e Enti Locali affinché vengano formati educatrici/educatori e docenti in numero corrispondente al fabbisogno previsto nei vari territori. Contestualmente sarebbe opportuno prevedere una formazione per gli educatori/educatrici dei nidi e i docenti della scuola dell’infanzia che rafforzi la costruzione di un percorso in continuità verticale dell’apprendimento del bambino/alunno nel segmento 0-6 anni».
(Foto di Tanaphong Toochinda su Unsplash)
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