Pochi giorni fa, il presidente del Consiglio Enrico Letta, nell’accettare le dimissioni del sottosegretario Michela Biancofiore, ha affermato che «Biancofiore non ha ritirato le dimissioni quel giorno e io, per far capire che le cose sono cambiate, ho deciso di accettarle». Per chi non avesse seguito la questione, qualche giorno fa, quando tutti i ministri e sottosegretari del Pdl hanno presentato le proprie dimissioni al premier, questi le ha respinte, e in seguito i primi le hanno ritirate. Tutti tranne una, la Biancofiore per l’appunto, che a quel punto si è ritrovata fuori dall’esecutivo. Un gesto che vuole rivendicare, crediamo, un’indipendenza rispetto a “nomi e cognomi”, come a dire che tutti sanno come funzionano le istituzioni, quali sono le prassi, e quindi hanno la precedenza gli atti, non chi li mette in pratica. Un indirizzo certamente apprezzabile, al di là dei protagonisti -Letta e Biancofiore-, sui quali non abbiamo alcun pregiudizio favorevole o contrario (come avrete capito cerchiamo da sempre su ZeroNegativo di andare oltre i “nomi e cognomi”).

Ci piacerebbe vedere la stessa determinazione nel governo, la stessa indipendenza, quando nelle prossime settimane si dovrà procedere alla nomina di un nuovo commissario della Consob (Commissione nazionale per le società e la Borsa), a causa della scadenza del mandato di Michele Pezzinga. Come tutte le autorità indipendenti, anche la Consob dovrebbe essere libera di operare attenendosi solo alle leggi in vigore, libera dalla volontà o dall’influenza delle persone che si sono incaricate delle nomine. Il che non è sempre facile, dato che tali nomine arrivano dalla politica. Il problema dell’indipendenza delle authority in Italia, -spiega lavoce.info– nasce dal fatto che il concetto nasce nel mondo anglosassone, e una volta applicato al contesto italiano deve scontrarsi con una cultura e una tradizione politiche del tutto diverse, che possono minarne le due condizioni essenziali di ogni authority (l’indicazione di un mandato chiaro e l’indipendenza dalla politica).

Talvolta, infatti, la «tutela degli investitori e l’efficienza, la trasparenza e lo sviluppo del mercato mobiliare» (missione della Consob) può andare contro le volontà del governo o del Parlamento, che per esigenze di consenso o di interessi lobbistici possono avere interesse a intervenire diversamente sull’andamento del mercato. Così, di solito, le nomine sono fatte in modo da garantire che l’authority segua l’indirizzo voluto dalla coalizione al potere in quel momento. «Nella mentalità dei politici italiani, il concetto di indipendenza non è contemplato -scrive lavoce.info-. In molti casi ciò è dovuto a chiari interessi personali, come per le nomine all’Agcom, che ha poteri di intervento sul settore in cui operano le imprese di Silvio Berlusconi. Ma anche quando non ci sono interessi privati la musica non cambia. I politici che hanno guidato il paese negli ultimi vent’anni sono cresciuti in un mondo in cui la politica aveva un ruolo onnipresente nell’economia. Anche nel caso di politici “benevolenti”, le authority sono viste come prolungamenti del potere politico, da utilizzare di concerto con gli altri poteri». Ecco perché, se il governo vuole dimostrare davvero che «le cose sono cambiate», può sfruttare l’occasione e nominare una persona che sia davvero super partes, che abbia capacità di analisi e intervento secondo l’indirizzo della Commissione, ma non soffra di un senso di appartenenza che influenzi l’obiettività del suo operato.