A leggere la stampa anglosassone, sembrerebbe che il consumo di alcol tra i Millennial (indicativamente la popolazione tra i 22 e i 38 anni) sia in diminuzione negli ultimi anni. In molti si sono affrettati a spiegare il fenomeno legandolo alla diffusione dei social network, o a una presunta popolarità acquisita dal mostrarsi healthy (cioè in salute). In realtà si tratta di ipotesi, le cose sono molto meno chiare di così.
I giovani bevono meno, ma non si sa perché
Una delle ipotesi avanzata è che la costante presenza sui social media, e il tipo di estetica “positiva” che si è imposta sulle varie piattaforme (Instagram su tutte), spinga le persone a mostrarsi il più possibile in buona condizione fisica e psicologica. L’alcol, insieme ad altri “vizi”, non aiuta certo in questo senso, e quindi questo potrebbe avere spinto alcuni a consumarne meno. Allo stesso modo, si ipotizza che si stiano imponendo stili di vita legati al wellness in generale, e che questo possa essere collegabile al fenomeno osservato. In realtà, si legge sul sito di un’azienda che sta cercando di sviluppare e commercializzare bevande a base di “alcol sintetico” (ne parliamo più avanti), non ci sono prove di questo fenomeno. Secondo uno studio spesso citato da chi affronta l’argomento, alla riduzione del consumo di alcol non sempre si accompagnano comportamenti altrettanto salutari per quanto riguarda l’alimentazione. Molti giovani che non bevono alcol sono sovrappeso, o mangiano meno di due porzioni di frutta e verdura al giorno. Difficile associare tali fenomeni con una maggiore consapevolezza sulla salute. Non ci sono in realtà prove di questa correlazione, quindi tutto ciò che possiamo dire è che i giovani bevono meno, ma non si sa perché.
Le possibilità dell’alcol sintetico
Le aziende che producono bevande alcoliche si sono accorte da tempo di questa tendenza, e infatti sono molto interessate agli studi che sta portando avanti il team di scienziati guidato da David Nutt, stimato neuropsicofarmacologo inglese. Nutt si è messo in testa di sintetizzare in laboratorio una molecola che dia gli stessi effetti piacevoli dell’alcol, ma senza avere le stesse conseguenze negative di quest’ultimo sull’organismo. Nutt ha passato la sua vita professionale a trattare pazienti con problemi legati all’abuso di alcol, e porta avanti il suo progetto per realizzare l’alcol sintetico dal 1983. In realtà, ci è anche già riuscito. Il problema è arrivare dalla molecola alla bevanda, e poi ai consumatori. Per questo il suo gruppo di lavoro si è strutturato e oggi è diventato un’azienda, non con l’intento di sviluppare e commercializzare bibite “alcosynth”, ma di fornire il principio attivo all’industria dei drink. Quest’ultima, lungi dal vedere Nutt e soci come concorrenti, è molto interessata al progetto, proprio a causa della riduzione del consumo di alcol degli ultimi anni: se saranno in grado di sviluppare bevande con alcol sintetico, potranno riprendersi quei consumatori persi per eccesso di sobrietà.
Il rapporto dei giovani italiani con l’alcol
Dal punto di vista dei consumatori italiani, questo cambio di tendenza nel consumo di alcol è più sfumato, almeno in base ai dati Istat disponibili. Le categorie utilizzate nelle indagini rendono difficile analizzare solo i Millennial, e in generale i dati non mostrano una evidente riduzione dei consumi (anzi, in alcuni casi il consumo abituale di alcolici complessivamente è aumentato nell’intervallo 2007-2017). Coloro che bevono alcolici tutti i giorni sono generalmente diminuiti, passando dall’11,4 al 7,4 per cento nella fascia 18-24 anni, dal 24,7 al 15,4 per cento nella fascia 25-44. È aumentato invece il consumo occasionale, passato dal 59,6 al 63,9 per cento per i 18-24enni e dal 50,1 al 58,1 per cento per i 25-44enni. A diminuire è stato invece il consumo abituale eccessivo di alcol, passato dal 3,1 all’1 per cento tra i 20-24enni, dal 6,4 al 2,5 per cento tra i 25-44enni.