È piuttosto comune pensare che dare soldi alle persone senza dimora non sia la soluzione migliore per aiutarle a sollevarsi dalla propria condizione. Uno studio portato avanti da un’organizzazione canadese sembra invece dimostrare che dare una discreta somma di denaro alle persone senza dimora può essere la molla che innesca un processo di ripresa, più rapidamente di approcci più tradizionali. I ricercatori hanno dato a 50 persone che da poco avevano cominciato a vivere per strada una somma forfettaria di 7.500 dollari canadesi (poco meno di 4.900 euro), e poi hanno osservato come evolvevano le loro vite nel corso di 12-18 mesi. La loro condizione è stata confrontata con un gruppo di controllo, che invece non ha ricevuto il finanziamento. In totale hanno partecipato 115 persone, in un’età compresa tra i 19 e i 64 anni, senza dimora da 6 mesi in media.
Contro ogni pregiudizio
I risultati preliminari (che devono ancora passare attraverso la revisione tra pari) mostrano che chi ha ricevuto i soldi ha trovato una casa stabile più velocemente, in media, mentre i membri del gruppo di controllo hanno tardato di circa un anno nel raggiungere lo stesso risultato. Anche le abitudini alimentari sono cambiate più velocemente tra chi aveva ricevuto il finanziamento. Il 70 per cento dopo un mese aveva raggiunto la sicurezza alimentare e l’ha mantenuta per tutto l’anno seguente. Parallelamente, il consumo di alcol, sigarette e droghe è diminuito del 39 per cento, mentre la spesa è stata rimodulata a favore di cibo, abbigliamento e affitti. I beneficiari dell’intervento sono addirittura riusciti a mettere da parte dei soldi: una media di 1.000 dollari canadesi (circa 650 euro) al mese per un anno. Claire Williams, CEO della fondazione che ha condotto lo studio, ha fatto notare alla CNN che spesso siamo vittime di pregiudizi quando si parla di interventi a favore delle persone senza dimora. «Una delle cose che ci hanno colpito di più – ha spiegato –, è che le persone sapevano immediatamente ciò che volevano fare con quei soldi». Per esempio, alcuni hanno deciso di investirli immediatamente per avere una casa, o comprare una bici, o portare l’auto dal meccanico in modo da potere raggiungere il luogo di lavoro. Altri hanno comprato un computer, mentre c’è chi li ha usati per avviare piccole attività in proprio. «Spesso le persone sanno esattamente cosa vogliono – ha continuato Williams –. Siamo noi che non diamo loro gli strumenti o i servizi che che le rendano in grado di voltare pagina con dignità e rispettando le loro scelte». I soldi ricevuti attraverso il programma hanno avuto anche effetti “a cascata” sulle famiglie dei partecipanti, alcuni dei quali hanno cominciato a investire maggiormente sul benessere dei propri figli e ad aiutare altri membri della famiglia. Da ultimo, non solo ci guadagnano gli individui, ma anche la società in generale. Ridurre il numero di notti passate nelle strutture di accoglienza per le 50 persone che hanno ricevuto i soldi ha permesso di risparmiare l’equivalente di circa 5.256 euro a persona all’anno, cioè quasi 263 mila euro in totale.
I risultati di Housing First
Un dato simile emerge dalla campagna Housing First, che da alcuni anni porta avanti, con progetti disseminati in tutto il mondo, un approccio che mette al centro, oltre alla persona, la casa. Secondo un rapporto pubblicato alla fine di ottobre dalla Federazione Italiana Organismi per le Persone Senza Dimora (fio.PSD), questo approccio ha un costo di 26 euro al giorno a persona, contro i 32 di una struttura a bassa soglia. Il dormitorio costa di meno (19 euro al giorno in media), ma non è certo l’ambiente ideale per innescare un cambiamento. Ma Housing First interviene su un bacino di beneficiari molto più ampio rispetto all’esperimento di cui abbiamo parlato più su, e coinvolge anche persone con problemi psichici, disturbi fisici, problemi con la giustizia, che in strutture psichiatriche o di detenzione peserebbero molto di più sulle casse dello Stato. Tutti gli indicatori mostrano che anche questa strategia ha un forte impatto positivo sulle persone che hanno accesso al servizio. Tra le altre cose aumentano occupazione, reddito e indipendenza in generale.