Il mensile Vita ha anticipato i contenuti di un’intervista al presidente del Consiglio Matteo Renzi, in uscita nei prossimi giorni, in cui quest’ultimo dice che il governo sta per togliere il gioco d’azzardo dai principali esercizi commerciali in cui negli ultimi anni le macchinette si sono moltiplicate. «Non aumenteremo il costo della benzina con l’ennesima accise – ha detto tra le altre cose Renzi – né allargheremo le maglie sul gioco d’azzardo e sulle slot per finanziare la ricostruzione post sisma». E poi c’è la promessa, senza mezzi termini: «Sul gioco d’azzardo stiamo per mettere a punto una misura per togliere le slot dalle tabaccherie ed esercizi commerciali».

Come tutti gli annunci a effetto, anche questo va preso con le molle, e bisognerà capire quale peso dare a ciascuna parola pronunciata dal presidente del Consiglio. “Togliere” vuol dire eliminare del tutto o solo ridurre la quantità? Quali altri “esercizi commerciali” saranno colpiti dal provvedimento? Come fa notare il Corriere della Sera, il testo proposto dal governo a luglio alla Conferenza Unificata – incaricata dalla legge di Stabilità di definire «le caratteristiche dei punti di vendita ove si raccoglie gioco pubblico; i criteri per la distribuzione e concentrazione territoriale dei punti di vendita ove si raccoglie gioco pubblico» – dice cose leggermente diverse: «A tal fine il governo propone di: eliminare l’offerta di gioco dai c.d. esercizi generalisti secondari (alberghi, esercizi commerciali, edicole, ristoranti, stabilimenti balneari, rifugi alpini, e altri); operare una significativa riduzione di awp (un nuovo tipo di slot machine, ndr) nei pubblici servizi (bar) e nelle rivendite di tabacchi».

“Significativa riduzione” è una locuzione ben più morbida rispetto a “togliere”, e seppure si parla di “eliminare” l’offerta di gioco da una serie di categorie commerciali, comunque è previsto che le slot restino nei bar e nelle tabaccherie, al contrario di quanto detto da Renzi. Certo, può esserci stato un cambio di linea nel governo nelle ultime settimane, ma se la competenza decisionale spetta alla Conferenza Unificata non vediamo come l’esecutivo possa intervenire. Interessante il fatto che, nello stesso documento, il governo faccia riferimento esplicito all’errore commesso in questi anni, in cui il gioco d’azzardo è diventato una fonte di risorse importante per lo Stato, il cui dilagare ha però favorito conseguenze sociali negative per i giocatori compulsivi: l’obiettivo dichiarato è dunque «di ridurre la esposizione dello Stato in un settore che, se da un lato garantisce importanti entrate erariali (8,7 miliardi nel 2015), dall’altro comporta conseguenze sociali che non possono più essere trascurate, come invece si è fatto negli anni scorsi. Infatti, nel tentativo, giusto, di porre argine alla diffusione incontrollata dell’offerta di gioco illegale, nel passato si è pensato che bastasse aumentare quello legale e si è finito per esagerare nell’offerta. A tal fine ci siamo prefissi di regolare la diffusione e la distribuzione dell’offerta di gioco nel territorio, tenendo conto delle accresciute esigenze sociali e delle scelte, in generale restrittive, messe in atto dagli enti locali, ma, giustificate – anche quando eccessive nel merito – dai ritardi accumulati nella realizzazione di un riordino nazionale».

In quest’ultimo passaggio si dà dunque atto agli enti locali di aver agito correttamente nel prendere provvedimenti restrittivi in tema di disponibilità e pubblicità del gioco d’azzardo sul proprio territorio, in largo anticipo rispetto a quanto ora si prevede di fare a livello nazionale. Tuttavia, su questo tema ci sono due punti nel documento citato che vanno apertamente in contrasto con quanto deciso dagli enti locali: tra le misure suggerite alla Conferenza vi è infatti quella di «innalzare il livello dei punti gioco introducendo una certificazione di doppio livello (classe A e classe B) ed un rigoroso sistema di controlli; considerare valide, in materia di distanze, le decisioni normative adottate finora dagli enti locali, con la sola eccezione dei punti gioco di tipo A che non sarebbero soggetti ai vincoli oggi esistenti in termini di distanze». Bisognerà capire in cosa si concretizzerà questa certificazione di doppio livello, e quanto sarà difficile per gli esercizi commerciali ottenerla, per stabilire se la misura avrà un effetto reale sulla disponibilità di occasioni di gioco per i cittadini.

Non dimentichiamoci che, come scrivevamo qualche mese fa, il governo ha ancora da recuperare la pessima figura fatta quando, alla fine dello scorso anno, ha previsto la riduzione del 30 per cento delle slot sul territorio nazionale, lasciando però che dall’annuncio del provvedimento all’effettiva entrata in vigore passassero mesi, nei quali le macchinette sono passate da 370mila a 418mila, col risultato che il numero complessivo di slot, alla fine, è aumentato.