Oggi ricorre la nona Giornata mondiale della consapevolezza sull’autismo. Per l’occasione, nelle scorse settimane è stata avviata la campagna #sfidAutismo, che consiste in una raccolta fondi per finanziare sei progetti che si pongono l’obiettivo, appunto, di “sfidare” l’autismo. Simbolicamente, oggi i principali monumenti mondiali saranno illuminati di blu, il colore scelto dalla Fia (Fondazione italiana per l’autismo) per rappresentare l’iniziativa. Ogni anno a molti bambini viene diagnosticata questa complicata sindrome, caratterizzata da «deficit nella interazione, nella comunicazione sociale e da comportamenti ripetitivi e interessi ristretti», si legge sul sito della Fia.

Spesso si focalizza troppo l’attenzione sul disturbo mentale come problema da gestire. Ma chi ha il disturbo è innanzitutto una persona, e quindi una risorsa. Una bellissima dimostrazione di questo si è avuta nel corso della Giornata nazionale delle persone con disabilità intellettiva, che si è celebrata il 30 marzo e che prevedeva l’incontro al Quirinale tra il presidente della Repubblica Sergio Mattarella e rappresentanti di varie federazioni e associazioni che si occupano di disabilità. Durante l’evento, un ragazzo autistico e ipovedente ha eseguito al pianoforte due brani di George Gershwin, incantando il pubblico col suo tocco morbido e preciso.

Apprezzabili le parole del presidente, che ha sottolineato l’importanza del fatto che le persone con disabilità non siano per lo Stato (e per la comunità) dei «cittadini invisibili», rimarcando che «stiamo parlando di cittadini, non di pazienti». Cittadini “impazienti”, potremmo dire, come dimostra il documento presentato dalle associazioni in occasione dell’incontro col presidente. Il sito Vita.it sintetizza le richieste contenute nel testo, che si concentrano sull’esigenza di un miglioramento della qualità della vita per gli otre due milioni di italiani rappresentati, tra persone direttamente interessate dalle patologie e loro familiari. Tra le tante richieste e puntualizzazioni, ci piace citare quella che riguarda un cambiamento anche terminologico (ma dalle ricadute molto pratiche) nell’affrontare la questione da parte dello Stato, passando dall’obiettivo dell’integrazione a quello dell’inclusione: «La Convenzione Onu sui diritti delle persone con disabilità ci indica la strada, ci suggerisce il modo concreto di operare improntando azioni e politiche volte all’inclusione sociale. Non più verso l’integrazione. Il termine “integrazione” conserva un retrogusto amaro: quello di un corpo estraneo accolto in un contesto altrimenti ostile. L’inclusione presuppone invece un profondo e convinto ripensamento di quel contesto, adeguandolo alle esigenze di tutti».

Tornando all’autismo, a questa pagina trovate una descrizione dei sei progetti approvati dai Comitati scientifici della Fia, a cui saranno destinati i fondi raccolti in questi giorni. Tra le finalità di ognuno, oltre a servizi di assistenza alle famiglie (col servizio Telefono Blu), larga parte è ovviamente dedicata alla ricerca scientifica, visto che c’è ancora molto da chiarire sulle cause che portano a sviluppare la sindrome. «Comprendere come tali disturbi tipici dell’autismo si sviluppino a partire dalla nascita è fondamentale per promuovere protocolli di screening e per mettere a punto interventi precoci in grado di ridurre i sintomi associati all’autismo e di migliorare gli esiti dello sviluppo in una porzione significativa di bambini – scrive la Fia –. Tale progetto affronterà questo aspetto attraverso il monitoraggio, durante la fase neonatale precoce, di neonati nati a termine e di tre popolazioni a rischio – fratellini di bambini diagnosticati con sindrome dello spettro autistico, prematuri e piccoli per età gestazionale – e l’applicazione di un protocollo multi-osservazionale per lo studio di una serie di indici comportamentali, neurofisiologici e molecolari/OMICI, risultati alterati in bambini/adulti con diagnosi della sindrome dello spettro autistico».

Un punto cruciale per i genitori delle ragazze e dei ragazzi affetti da autismo è sapere che ne sarà dei loro figli quando loro non ci saranno più ad assisterli. Su questo aspetto il Parlamento si sta muovendo in queste settimane e prossimamente dovrebbe arrivare una legge sul “dopo di noi”, come viene chiamata: «Lo scorso 4 febbraio la Camera dei Deputati ha approvato un disegno di legge per il supporto delle persone gravemente disabili che non possono più contare su sostegni di tipo familiare – scrive il Corriere Sociale –. La proposta è ora al vaglio del Senato. La legge prevede la costituzione di un fondo presso il Ministero del lavoro e delle politiche sociali (90 milioni di euro per il 2016)».