Le misure di contenimento della pandemia, con i continui riferimenti dei politici al senso di responsabilità dei cittadini, ci costringono a ripensare questo concetto, assieme a quelli di solidarietà e comunità. Ne scrive il sociologo Federico Bianchi sul Tascabile.
La pandemia di COVID-19 ha imposto a ciascuno un ripensamento del legame tra comportamenti individuali e vita sociale collettiva. Davanti alla dinamica del contagio ci siamo stupiti di quanto rapidamente un virus pericoloso possa diffondersi attraverso la fitta trama di connessioni di una società globale. Una dinamica che lega la piccolezza di gesti apparentemente innocui — stringersi la mano o conversare — alla grandezza dei numeri dei contagi quotidiani. Indossare una mascherina, decidere se salire su un mezzo pubblico, riflettere sull’opportunità di invitare amici a casa, sono parte ormai di una quotidianità che ci costringe continuamente a riflettere sulle conseguenze che le nostre azioni producono non solo sulla nostra salute, ma anche su quella delle persone a noi care. E, ancora, pianificare la vita oltre la pandemia, chiedersi quando un’efficace vaccinazione di massa ci libererà finalmente dalle restrizioni, ha reso evidente la dipendenza ineludibile delle nostre vite non solo dai nostri comportamenti, ma anche e soprattutto da quelli degli altri, che non conosciamo e non possiamo controllare: non basta che io mi vaccini per mettermi al riparo dalle conseguenze del virus, devono farlo anche gli altri.
In questo contesto, il tema della responsabilità individuale ha guadagnato un posto di primo piano nel discorso pubblico: i governi la chiedono ai propri cittadini, gli intellettuali ne illustrano la ragionevolezza sui quotidiani nazionali. In occasione delle riaperture disposte dal Governo Draghi, il direttore de La Repubblica Maurizio Molinari notava in un editoriale che la ritrovata libertà non comporterà conseguenze nefaste “se i cittadini dimostreranno responsabilità nei loro comportamenti”. È alla responsabilità “di ciascuno di noi” che si è appellato il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella nel suo messaggio di fine anno 2020, legando il concetto a un presunto “senso del dovere”. Ancora prima, il Presidente del Consiglio Giuseppe Conte aveva invocato il “senso di responsabilità degli italiani” più volte a partire dall’annuncio delle parziali riaperture della fase 2, nel maggio dello scorso anno. Non è forse un caso che gli appelli alla responsabilità siano iniziati quando, da un lato, il governo allentava le restrizioni, mentre, dall’altro, sempre più persone, dopo una prima fase di paura e di forte incertezza tanto sulla meccanica del contagio quanto sui rischi concreti della malattia, riprendevano timidamente a uscire di casa e si accorgevano di quanto poco il rispetto delle norme fosse affidato al controllo delle forze dell’ordine.
Come si fa a governare un’epidemia così pericolosa, che si diffonde proprio attraverso l’esercizio delle libertà personali di associazione e movimento?
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(Foto di Hudson Hintze su Unsplash )
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