Da quando la variante omicron del SARS-CoV-2 è stata individuata per la prima volta, il numero di persone reinfettate dal coronavirus è aumentato bruscamente: una tendenza che non è stata osservata con le varianti precedenti. Secondo i ricercatori, si legge su Nature, la nuova variante è alla base del nuovo aumento perché in grado di eludere le difese immunitarie del corpo.
Diversi studi hanno già dimostrato che omicron può eludere l’immunità indotta dalla vaccinazione. Ora gli scienziati stanno studiando quanto sia in grado di aggirare anche gli anticorpi prodotti in organismi guariti dal SARS-CoV-2.
Capire i tassi di reinfezione è fondamentale per capire «come le infezioni potrebbero aumentare di nuovo in futuro e se gli ospedali saranno in grado di affrontare questi nuovi picchi», ha detto a Nature Catherine Bennett, epidemiologa australiana.
I primi segnali della capacità di omicron di evadere le difese immunitarie sono arrivati dai dati raccolti in Sudafrica. Nel novembre dello scorso anno, le ricerche hanno rilevato tassi di reinfezione più alti del previsto rispetto a quelli delle ondate precedenti. Tendenze simili sono state poi documentate anche altrove.
In Inghilterra, più di 650.000 persone sono state probabilmente infettate due volte; la maggior parte negli ultimi due mesi, secondo i dati raccolti dall’Agenzia per la sicurezza sanitaria del Regno Unito. L’agenzia considera un’infezione una “possibile reinfezione” se ha avuto luogo ad almeno tre mesi da quella precedente, ma non si occupa di verificare che si tratti di casi diversi attraverso il sequenziamento genetico del virus. Prima di metà novembre, le reinfezioni rappresentavano circa l’1 per cento dei casi segnalati di COVID-19, ma il tasso è ora aumentato a circa il 10 per cento.
Anche l’ufficio britannico di statistica ha osservato un forte aumento di possibili reinfezioni negli ultimi mesi, nel corso della sua operazione di campionamento casuale tra famiglie di tutto il paese. L’indagine in questo caso considera un caso una possibile reinfezione se sono passati quattro mesi da quella precedente. Il rischio di reinfezione è stato 16 volte più alto tra la metà di dicembre dell’anno scorso e l’inizio di gennaio di quest’anno, quando omicron è stata dominante, rispetto ai sette mesi precedenti, quando delta era la variante principale.
Le indagini potrebbero sottostimare il vero tasso di reinfezione perché alcune infezioni non vengono diagnosticate, e alcune potrebbero essere avvenute appena dopo la prima infezione, soprattutto nei paesi in cui i casi di omicron hanno seguito rapidamente un’ondata di delta.
Diversi fattori potrebbero spiegare il picco di reinfezioni, ha detto Bennet. Con più persone già esposte al virus, c’è una maggiore possibilità di assistere a reinfezioni. Anche la rapida diffusione di omicron ne aumenta la possibilità. Ma la capacità della variante di eludere l’immunità sta probabilmente giocando un ruolo importante, ha aggiunto Bennett.
In una lettera pubblicata su The New England Journal of Medicine, un gruppo di ricercatori ha parlato di uno studio nazionale di infezioni in Qatar dall’inizio della pandemia, dove si è scoperto che anche se essere stati precedentemente infettati era efficace nel prevenire un’infezione con le varianti alpha, beta o delta al 90 per cento, la percentuale scendeva al 56 contro omicron.
La buona notizia è che la maggior parte delle reinfezioni si è verificata a circa un anno di distanza, il che dimostra che una precedente infezione garantisce l’immunità per un certo periodo di tempo. Da sottolineare che la protezione contro forme gravi del COVID-19 grave causate da omicron è rimasta alta, intorno all’88 per cento.
Lo studio ha diversi limiti, tra cui la mancata rilevazione delle molte infezioni asintomatiche o lievi che sicuramente si sono verificate. Studi di laboratorio hanno dato risultati meno incoraggianti, dimostrando che omicron può eludere con successo gli anticorpi bloccanti del virus generati da varianti precedenti, che sono un buon indicatore della protezione contro l’infezione.
Studiare le reinfezioni è comunque un esercizio utile perché aiuterà i ricercatori a capire come avverrà la transizione che porterà il SARS-CoV-2 a diventare un virus endemico.
(Foto di engin akyurt su Unsplash )
Col sangue si fanno un sacco di cose
Le trasfusioni di sangue intero sono solo una piccola parte di ciò che si può fare con i globuli rossi, le piastrine, il plasma e gli altri emocomponenti. Ma tutto dipende dalla loro disponibilità, e c’è un solo modo per garantirla.