«Un miliardo di donne violate è un’atrocità. Un miliardo di donne che ballano è una rivoluzione. Ballare significa libertà del corpo, della mente e dell’anima. È un atto celebrativo di ribellione, in antitesi con le forme oppressive delle costrizioni patriarcali». Le parole sono di Eve Ensler, artista e attivista per i diritti delle donne, e si riferiscono all’iniziativa da lei lanciata su scala mondiale con l’evento “One billion rising”. L’idea è di arrivare a coinvolgere un miliardo di persone in un enorme e diffuso flash mob danzante riprodotto in diversi luoghi del mondo il 14 febbraio, al ritmo di “Break the chain” (di cui potete vedere il video in questa pagina), tema composto per l’occasione dalla Ensler. Perché proprio un miliardo di persone? Perché statisticamente una donna su tre subisce qualche tipo di violenza legata al suo genere, e quindi sul totale di circa tre miliardi di donne nel mondo, quelle interessate da tali atti arrivano a un miliardo. Una cifra impressionante, a pensarci. Ed ecco perché, affinché abbia un impatto sulla coscienza delle persone, altrettanto grande dev’essere l’adesione all’iniziativa, alla quale sono invitati a partecipare anche gli uomini.
Sul sito onebillionrising.org è possibile consultare la mappa di tutti i flahs mob organizzati nel mondo e quindi individuare quello più vicino. E se vi accorgete che nella vostra città non è in programma nulla, siete ancora in tempo per creare un evento e promuoverlo. La scelta del 14 febbraio cade in corrispondenza con il 15esimo anniversario della nascita del V-day, un movimento che su scala mondiale si batte per combattere la piaga del femminicidio (da non confondere con l’iniziativa politica lanciata in Italia da Beppe Grillo nel 2007). L’associazione raccoglie fondi per realizzare programmi educativi e d’informazione e per influire sui governi di tutto il mondo affinché modifichino le proprie leggi e il proprio atteggiamento nei confronti delle donne. Negli ultimi mesi il Paese che più spesso è finito nelle cronache è l’India, dove una serie di stupri ha innescato una reazione di sdegno, ma anche di paura nelle donne indiane. In seguito il parlamento indiano ha approvato una legge che prevede la pena di morte per gli stupri, ma non sarà certo questa misura a trasmettere sicurezza. Restano infatti impunite le violenze domestiche, che colpiscono l’80 per cento delle donne in India. Il tema è d’attualità anche in Italia, «È dell’altro ieri sera -si legge su Donne di Fatto del 5 febbraio- l’ultimo omicidio di una signora di 87 anni, uccisa a martellate dal marito di 90, storie dell’altro mondo? No, semplicemente storie dietro l’angolo. Di ieri invece le minacce che Simona, l’avvocato del centro antiviolenza di L’Aquila, ha subito a seguito di una sentenza di condanna per violenza».