L’idea di “promuovere se stessi” è oggi piuttosto comune e in parte inevitabile, a causa della sempre maggiore diffusione del lavoro autonomo, nonché dell’emergere di spazi, i social media, naturalmente votati all’autopromozione. Ne scrive Andrea Daniele Signorelli sul Tascabile.

È il 31 agosto 1997 quando sulla testata Fast Company esce un articolo dal titolo “The Brand Called You”. Firmato dal guru imprenditoriale Tom Peters, questo breve saggio apre con un’accorata esortazione: “è tempo per me – e per te – di trarre una lezione dai grandi brand, una lezione che è valida per chiunque sia interessato in ciò che è richiesto per emergere e prosperare nel nuovo mondo del lavoro. Indipendentemente dall’età, indipendentemente dalla posizione, indipendentemente dal settore in cui ci capita di lavorare, tutti noi dobbiamo comprendere l’importanza del branding. Siamo i CEO dell’azienda di noi stessi: Me Inc. Oggi, per essere in affari, il nostro più importante lavoro è quello di responsabili marketing del brand chiamato Tu”.

Qualche riga più avanti compare per la prima volta uno dei termini che, negli ultimi decenni, ha maggiormente segnato il mondo del lavoro (soprattutto ma non solo freelance): personal branding. “A partire da oggi, sei un brand”, scrive Peters senza alcuna ironia. “Sei un brand esattamente come Nike, Coca, Pepsi. Devi farti le stesse domande che si fanno i brand manager di Nike, Coca, Pepsi: cos’è che rende il mio prodotto o servizio differente?”. Tra innumerevoli e insistenti richiami a brand di ogni tipo e qualche riferimento anche al mondo sportivo (“dobbiamo diventare free agent in un’economia di free agent”), Peters delinea quello che diventerà un mantra per tantissimi professionisti di ogni categoria: l’autopromozione, il marketing di noi stessi, la capacità di mettersi in vetrina (con tanto di cartellino del prezzo appeso) e di attirare l’attenzione dei clienti.

Il contesto storico in cui Peters scrive, d’altra parte, è ideale. Dopo l’avanzata individualista e materialista degli anni Ottanta, gli anni Novanta del boom economico statunitense e della sconfitta del comunismo avevano creato le condizioni adatte per far attecchire una visione così esasperatamente capitalista da rendere accettabile l’equiparazione tra lavoratori e prodotti. Peters scrive negli anni in cui, con Bill Clinton e Tony Blair al governo, si diffonde la “terza via” di giddensiana memoria: una fase in cui anche la sinistra occidentale cerca di abbracciare il trionfante capitalismo (eredi di quella visione – che il suo stesso ideatore ha poi in parte rinnegato – sono oggi politici come Renzi o Macron).

Continua a leggere sul Tascabile

(Immagine di rawpixel.com su Freepik)

Se sei arrivato fin qui

Magari ti interessa iscriverti alla nostra newsletter settimanale. Ricevereai il riepilogo delle cose che pubblichiamo sul blog, e se succede qualcosa di importante che riguarda l’associazione lo saprai prima di tutti.

Un paio di clic e ci sei