«Come può resistere una associazione che gestisce una comunità alloggio per minori, se le rette dei bambini ospitati vengono pagate dai Comuni dopo due anni?». Con questa domanda retorica, posta da Francesco Belletti, presidente del Forum delle associazioni familiari, ci ricolleghiamo al tema delle politiche sociali sui minori, che abbiamo affrontato di recente, ma spostando il tiro su un’altra questione “calda”, ossia il ritardo dei pagamenti della pubblica amministrazioni nei confronti di aziende e cooperative.

Secondo Belletti, si parla di 90/100 miliardi di euro tra governo, Regioni, Comuni ed enti locali di varia natura. «Pensiamo che sia indispensabile un piano di rientro globale -ha scritto su Vita del 13 aprile-, che nell’arco di tre-quattro anni consenta alle imprese creditrici di poter finalmente ottenere quanto è loro dovuto. […] Non solo perché, in fondo, si tratta “solo” di onorare gli impegni, ma soprattutto perché questo costituirebbe una sicura iniezione di fiducia, liquidità e certezza per quell’economia reale troppo spesso dimenticata anche da questo governo, che lavora, produce, genera occupazione».

In merito si sono espressi anche Guido Geninatti e Anna Di Mascio, presidente di Confcooperative e responsabile di Legacoop sociali Piemonte, in una lettera inviata il 20 aprile al quotidiano La Stampa. In essa si fa riferimento ai 250 milioni di euro dovuti alle cooperative sociali da parte di Comuni, Asl e consorzi piemontesi. «La situazione creditoria nei vostri confronti ha raggiunto livelli insostenibili -si legge in apertura della lettera-: le due Asl torinesi hanno accumulato oltre un anno di ritardo nel pagare le attività svolte dalla cooperazione sociale e la Città, giunta a otto mesi, sta pericolosamente avvicinandosi a questo traguardo». Le risposte ottenute finora, «di impegno verbale e di grande consapevolezza del problema», sono state seguite da fatti «purtroppo di segno del tutto diverso». Non che le coop vivano sulla luna. «Ma dobbiamo andare avanti anche noi -spiega Geninatti allo stesso giornale, commentando la lettera-: convinti del fatto che con le nostre attività contribuiamo a mantenere la coesione sociale».

E se ciò non avverrà, si passerà alle vie legali, come hanno già fatto molto cooperative. Ma lunga e tortuosa è la strada che passa per i tribunali, si sa. Al contrario, è altrettanto noto che lo Stato non ammette deroghe ai suoi incassi, anzi: gli enti pubblici «continuano a formalizzare richieste di ogni genere, sovente ponendo termini perentori di adempimento». Le stesse richieste che stanno portando alcuni imprenditori, stretti dalla morsa dei pagamenti all’erario, a tentare il suicidio, talvolta purtroppo con successo. Insomma, la partita è aperta, ma se il gioco ha regole diverse per gli attori in campo, allora la tensione è destinata a salire, con conseguenze ancora difficili da prevedere.