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Carlo Mazzini dà i voti alla riforma del terzo settore, basandosi sulla sintesi riportata dal sito del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali. Ve la sottoponiamo, perché possiate trarne spunti di riflessione.

Il testo latitante – voto insufficiente
Il Governo che batte tutti nella velocità ha già prodotto molte versioni (tutte definite “penultime”) del testo di legge nelle segrete stanze, e dato che in Italia i segreti non sono tali, personalmente ho ricevuto già alcune diverse stesure. Per dire che le idee chiare non ce le hanno, se prima dicevano che la delega (del Parlamento al governo) doveva durare 6 mesi e ora, per fortuna, l’hanno prolungata a 12 mesi. […] Il Turbo Governo ha peraltro fatto propria una prassi di quelli che l’hanno preceduto, ovvero ha fatto votare un ddld nella sua versione non definitiva; i Ministri, quindi, ad oggi non sanno se quello che hanno votato sarà davvero il testo che andrà alle Camere!

Eliminazione dei voucher sociali – voto 10
Eliminazione nel senso che c’era un riferimento confuso ai voucher nelle linee guida, ma a causa delle numerose critiche o ai dubbi presentati dagli enti (in merito all’allargamento di una pratica comunque discutibile) il Governo ha fatto un passo indietro.

Pestar l’acqua nel mortaio, ovvero delle frasi fatte o dei principi già stabiliti – voto 3
Leggete questa frase «riconoscere e garantire il più ampio esercizio del diritto di associazione e il valore delle formazioni sociali liberamente costituite quale strumento di promozione e di attuazione dei principi di partecipazione, solidarietà, sussidiarietà e pluralismo». La prima parte è garantita dalla Costituzione, e ribadirlo in una legge (sotto ordinata alla Costituzione) è inutile. La seconda è una frase fatta, è tautologica dato che le associazioni sono realizzate dai cittadini per promuovere la propria partecipazione ecc. Vogliamo parlare di «definire forme e modalità di organizzazione e amministrazione degli enti ispirate ai principi di democrazia, uguaglianza, pari opportunità, partecipazione degli associati e dei lavoratori e trasparenza, nonché ai princìpi di efficienza, di correttezza e di economicità della gestione degli enti»? Mettere insieme elementi che già esistono nelle normative del non profit e far passare tutto ciò come “la Grande Riforma” vuol dire farci passare come quelli con l’anello al naso. Qualcuno dica loro che «prevedere il divieto di distribuzione, anche in forma indiretta, degli utili e del patrimonio dell’ente, anche in caso di scioglimento del vincolo associativo e di estinzione» è un principio già tradotto in legge da almeno tre lustri!

Riconoscere il valore dell’economia (produzione e commercio di beni e servizi) – voto 7 per incoraggiamento
La frase è «riconoscere e favorire l’iniziativa economica privata, svolta senza finalità lucrative, diretta a realizzare in via principale la produzione o lo scambio di beni o servizi di utilità sociale o d’interesse generale». Se non limitano questa opportunità alle sole imprese sociali, e se finalmente riconoscono – come già fa la Cassazione – che le Onlus possono vendere beni e servizi (anche come attività istituzionale) faranno fare un bel passo in avanti al non profit. Doveva essere così già con le Onlus, poi l’Agenzia delle Entrate ha messo i bastoni tra le ruote limitando persino le attività connesse!

Volontari e compensi: il cortocircuito – voto 3
Scrivono «disciplinare le modalità e i criteri dell’attività volontaria degli aderenti, nonché i limiti e gli obblighi di pubblicità relativi agli emolumenti e ai compensi”. Ma se sono volontari, di quali emolumenti o compensi parlano?

Registro unico e Autorità del Terzo Settore – voto 10 : 2 = 5
Parlano di «riorganizzare il sistema di registrazione degli enti attraverso la previsione di un registro unico del Terzo settore» ma non dicono nulla su chi dovrebbe controllare e detenere il registro unico. Nelle bozze che ho ricevuto si parlava di un’Autorità, che sarebbe stata finanziata in parte col 5 per mille. L’idea è buona, sempre che il “prelievo” dal 5 per mille sia ridotto (il 2 per cento, ad esempio, vale 10 milioni). È una buona vecchia idea del professor Zamagni che ogni tanto l’azzecca, come gli orologi rotti che due volte al giorno segnano l’ora giusta! Purtroppo nel testo a mano libera del Ministero del Lavoro non se ne fa cenno. Aspettiamo fiduciosi.

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