Le paralisi del sonno sono un’esperienza che molte persone fanno almeno una volta nella vita. Secondo le statistiche ne soffre circa l’8 per cento della popolazione mondiale. Per molti magari si è trattato di un unico spiacevole episodio, al quale non si è saputa dare una spiegazione, e che si è cercato di dimenticare il prima possibile. Potrà forse avere un effetto consolatorio sapere che quella appena descritta è stata anche la reazione di Giuseppe Plazzi, professore di neurologia all’università di Bologna e direttore del Centro per i disturbi del sonno. Riportiamo di seguito un estratto dal suo libro I tre fratelli che non dormivano mai e altre storie di disturbi del sonno (Il Saggiatore, 2019), apparso qualche giorno fa sul Tascabile (https://www.iltascabile.com/scienze/paralisi-sonno/).
Vi è mai capitato di svegliarvi di colpo da un sogno e di sentire il vostro corpo completamente immobilizzato, imprigionato da un magnetismo stritolante, mentre una presenza oscura, minacciosa, malvagia, vi sussurra parole indecifrabili dalla sponda del letto? È quello che è successo anche a me, molte volte, soprattutto durante gli anni in cui frequentavo l’università. E, sono certo sarete d’accordo, non è mai un’esperienza divertente.
Al quinto anno di studio del corso di Medicina, ogni martedì mattina alle 8 il professor Tassinari teneva la lezione di Clinica neurologica, in un’aula magna gremita e scricchiolante. La sua arte maieutica era straordinaria, chiunque si sentiva coinvolto e trascinato dalla sua abilità espositiva, e ne restava inevitabilmente ammaliato. Le domande a sorpresa – momento centrale delle sue lezioni – costringevano a un livello di attenzione da trance agonistica. […]
“A chi di voi è capitato, al risveglio o al momento di addormentarsi, di avere la sensazione angosciante di non riuscire a muoversi?” [ci chiese una volta Tassinari]. Quella domanda mi fece raggelare, non me l’aspettavo. Riusciva a spiare anche il mio sonno? Certo che a me era capitato, e più di una volta, soprattutto quando avevo avuto l’occasione di schiacciare il pisolino pomeridiano. La prima volta era stata una sensazione talmente orribile che avevo preferito dimenticarla il più in fretta possibile: l’impressione che qualcosa di spaventoso stesse per succedere, ma che svanì in pochi secondi nel momento in cui finalmente riuscii a muovermi. Una cosa così sgradevole da mettermi in imbarazzo al solo pensiero. Forse per questo non mi ero mai preoccupato di dissezionare e analizzare quel gomitolo di percezioni associate al fatto di non riuscire a muoversi per qualche interminabile minuto, al risveglio o all’addormentamento.
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(Foto di Sam Solomon su Unsplash)