Sta per ripetersi quanto accaduto tra il 2014 e il 2015, quando si dovette aspettare un anno e mezzo, e una trentina di votazioni, per la nomina di tre giudici costituzionali da parte del Parlamento? Al momento è passato quasi un anno (era il 7 novembre 2016) dalle dimissioni, per motivi di salute, del giudice Giuseppe Frigo da componente della Corte Costituzionale. Il Parlamento non sembra però in grado di raggiungere un accordo in tempi brevi, e (visto forse l’approssimarsi della fine della legislatura) non sembra nemmeno avere molta fretta.
Il 26 aprile, una nota del Presidente della Repubblica Sergio Mattarella invitava i presidenti di Camera e Senato a fare pressione affinché il Parlamento procedesse rapidamente su due temi, uno dei quali era proprio la nomina di un giudice che prendesse il posto di Frigo: «Il Capo dello Stato ha sottolineato l’esigenza che il Parlamento provveda sollecitamente al compimento di due importanti adempimenti istituzionali: la nuova normativa elettorale per il Senato e per la Camera e l’elezione di un giudice della Corte Costituzionale. Il Presidente della Repubblica ha chiesto ai Presidenti di Senato e Camera di rappresentare ai rispettivi gruppi parlamentari l’urgenza che rivestono entrambe le questioni per il funzionamento del nostro sistema istituzionale». Non dubitiamo che il messaggio sia stato trasmesso, ma a quanto pare non ha sortito grandi effetti. Di legge elettorale si è tornati a parlare in questi giorni, dopo lunghe settimane di silenzio. Intorno alla nomina del giudice costituzionale non sembra esserci grande interesse, invece.
Finora si sono tenute sette votazioni, la prima a gennaio, poi più nulla fino al comunicato di Mattarella. Da maggio a luglio, si legge sul blog di OpenPolis, l’assemblea si è riunita in seduta comune sei volte, senza arrivare a nessun risultato. Con la pausa estiva, il tema è passato in secondo piano e non se n’è più parlato. Ricordiamo che con 14 membri su 15 la Corte può comunque esercitare i suoi poteri (ne bastano 11). Visto però che la nomina dei 15 membri è ripartita tra i diversi poteri dello Stato (un terzo dal Capo dello Stato, un terzo dalle supreme magistrature, un terzo dal Parlamento riunito in seduta comune), resta comunque grave per i meccanismi di funzionamento della macchina istituzionale il fatto che i membri scelti dal Parlamento siano così di frequente inferiori ai 5 previsti dalla Costituzione. Nel caso che ricordavamo in apertura la Corte, uno degli organi più importanti del nostro ordinamento, rimase con 12 membri per quasi sei mesi.
Si trattò di un caso estremo, ma «I ritardi del Parlamento sono invece nella norma. In media infatti il tempo necessario al Parlamento per eleggere un membro della Consulta è di 205 giorni». Come scriveva ironicamente due anni fa Gerhard Mumelter, corrispondente del quotidiano austriaco Der Standard, su Internazionale, si può presumere che gli operai incaricati di montare e smontare i banchi aggiuntivi per le riunioni in seduta comune delle Aule del Parlamento non resteranno disoccupati ancora per molti mesi.
Nel volume intitolato Che cosa è la Corte Costituzionale, che si trova sul sito Internet dell’istituzione, si trova un passaggio interessante sulla natura dei giudici di nomina parlamentare, che sarebbe bene che deputati e senatori rileggessero. Del resto, si parla anche dei ritardi nella scelta dei nomi, proprio per la delicatezza degli equilibri tra le forze politiche: «I giudici di nomina parlamentare (scelti per lo più tra professori e avvocati, ma anche fra magistrati) possono più facilmente essere portatori di esperienze e di sensibilità presenti nelle assemblee rappresentative (spesso hanno anche alle spalle un’attività parlamentare), ma l’elevato numero di voti richiesto per l’elezione fa sì che non sia la sola maggioranza a sceglierli: normalmente intervengono accordi fra le forze politiche presenti in Parlamento, per cui i giudici eletti sono sì indicati, ciascuno, da forze parlamentari diverse, di maggioranza e di opposizione, ma sono accettati e votati dalle une e dalle altre. Non è raro che il raggiungimento degli accordi e del consenso necessari richieda molto tempo e molte votazioni: è per questo che, quando nuovi giudici devono essere eletti dal Parlamento, accade che l’elezione ritardi, e nel frattempo la Corte continui a funzionare a ranghi ridotti, cioè con un numero di componenti inferiore a quindici ma mai inferiore a undici. I giudici eletti dal Parlamento non sono comunque rappresentanti o mandatari delle forze che li hanno indicati, ma, al pari di tutti gli altri componenti della Corte, sono indipendenti dai partiti che li hanno eventualmente designati e dallo stesso Parlamento che li ha eletti».
In chiusura, riportiamo un altro passaggio dal libretto, da ricordare in anni in cui alla Corte è stato spesso demandato di sostituirsi (di fatto) all’attività legislativa del Parlamento, tanto da arrivare a modificare l’attuale legge elettorale attraverso una sua sentenza: «La Corte non è una terza istanza legislativa, a cui si possa fare ricorso per contestare o modificare, con una valutazione politica di opportunità, le scelte fatte dai rappresentanti eletti in Parlamento. Essa sta a guardia dei “confini”. Se il legislatore resta entro i confini della Costituzione (e i princìpi costituzionali lasciano grande spazio per le scelte del legislatore), la Corte non ha alcun potere di censurarne le valutazioni, anche se magari le appaiano inadeguate o difettose. Se però il legislatore supera tali confini, spetta alla Corte censurare la legge o ricondurla entro di essi, per impedire che la Costituzione venga violata».
(Fonte foto: flickr)