Il 26 agosto abbiamo pubblicato l’appello del quotidiano online Linkiesta, contenente critiche e proposte relative alla manovra finanziaria in fase di elaborazione da alcune settimane. In particolare, si citava la necessità di spostare la pressione fiscale dal lavoro alla rendita. Invece di colpire i guadagni relativi al possesso di terreni e fabbricati, il governo sembra infatti intenzionato a cercare le risorse necessarie a evitare il default (l’impossibilità di ripagare i debiti contratti) tra i redditi dei cittadini. Su questo tema, il senatore del Gruppo misto Nicola Rossi propone un’interessante considerazione. Parlando della possibilità di introdurre una tassa patrimoniale ordinaria (sui patrimoni superiori ai dieci milioni di euro) -proposta che porta avanti nella “Contromanovra” elaborata con l’associazione Italia Futura– la definisce una “tassa di scopo”: «I proventi andrebbero collocati in un fondo, che assegni risorse anno per anno a progetti nel campo dell’università, nella valorizzazione del patrimonio culturale, su base strettamente competitiva. Non dobbiamo finanziare assunzioni, ma progetti eccellenti». In giorni in cui l’attenzione è tutta puntata su questioni tecniche -dove trovare risorse? Chi colpire? Chi risparmiare?-, fa piacere che qualcuno torni a concentrarsi sul futuro del Paese, e non solo sulle voci di bilancio. La patrimoniale, anche secondo noi, è da intendere come contributo di solidarietà, non tanto per il ripianamento del debito pubblico, ma come investimento per le generazioni future.

Certo, fa riflettere il fatto che in Italia l’ultimo aggiornamento dei valori catastali dei terreni risalga al biennio 1988-89. È ancora su quei valori di mercato che si calcolerebbe l’ammontare della rendita e quindi il contributo da versare. Un fatto che rischia di distorcere fortemente la distribuzione della pressione fiscale. Se infatti nella compravendita di terreni e immobili, i valori sono continuamente aggiornati al valore di mercato effettivo, la rendita è invece ancorata a valori ormai obsoleti. E allora, siamo tentati di fare anche noi una proposta (che è anche una provocazione): bene la tassa patrimoniale, ma perché non avviare nel frattempo un processo di aggiornamento complessivo del catasto italiano? Sarebbe un lavoro gestibile capillarmente su tutto il territorio, tra l’altro dando occupazione temporanea alle tante persone che in questo periodo subiscono la mancanza di lavoro. È un’operazione importante, che andrebbe fatta subito. Sicuramente ci sono sparsi per il territorio italiano terreni che oggi hanno un valore di mercato altissimo, ma con un indice catastale molto basso, perché ancora fermo ai tempi della rilevazione. E quindi addio tassazione, per il fortunato proprietario. Diamo un senso, e un seguito alle parole. Come calcolare una tassa che si dice patrimoniale, se non siamo in grado di determinare con certezza il patrimonio?