La campagna Pensaci prima ha lanciato una serie di proposte di prevenzione e contrasto alla violenza di genere. Si tratta di misure strutturali, che potrebbero contribuire a migliorare la condizione delle donne nel nostro paese. Pensaci prima, che è una campagna ideata da un gruppo di attiviste che hanno cominciato a collaborare assieme nel 2019, avanza tre grandi richieste: «1. raddoppiare e rendere strutturali le risorse ai centri antiviolenza; 2. dare un sostegno economico alle donne attive in percorsi di fuoriuscita dalla violenza («un reddito mensile di 780 euro per le donne che hanno subito violenza e maltrattamenti per sostenerle nel percorso di separazione e di ricerca o reinserimento nel mondo del lavoro proporzionale alle necessità della singola persona fino a un massimo di due anni»); 3. creare un fondo regionale per coprire le spese di assistenza legale sia in ambito penale che in ambito civile, nei casi in cui non siano coperte dal patrocinio a spese dello Stato (in ambito civile, le donne che hanno un introito annuo lordo superiore agli 11.493,82 euro non sono ammesse a tale beneficio». «Quando una donna viene uccisa dal proprio partner o ex partner – si legge nel comunicato di presentazione della campagna – la stampa intervista spesso vicini e familiari che si rammaricano di aver capito troppo tardi la gravità della situazione e si chiedono se sarebbe stato possibile fare qualcosa per evitare la tragedia. Sì, la violenza sulle donne si può prevenire, ma bisogna mettere in campo misure di contrasto concrete e iniziative di sostegno alle donne che subiscono violenza in tempi rapidi e senza indugi».

Le reazioni

La campagna ha avuto una certa risonanza, tanto che alcuni politici in corsa per l’imminente tornata di elezioni amministrative hanno preso posizione a favore di alcune delle misure proposte. In Emilia-Romagna, finora, cinque candidati hanno espresso il proprio appoggio con dichiarazioni video. Come sottolinea l’agenzia DiRe, Lucia Borgonzoni (Lega) è stata però criticata dai centri anti-violenza per avere aggiunto nel suo intervento che «”dobbiamo fare i conti con la popolazione sempre più straniera”, sottolineando il tema delle “culture diverse” e di un approccio differenziato da parte degli operatori. “È il solito legame che la destra e la Lega in particolare fanno tra violenza e stranieri, – ha commentato la presidente del Coordinamento, Angela Romanin – di cui però non c’è assolutamente riscontro nella violenza sulle donne”, visto che gli autori “sono italiani e  stranieri in quota corrispondente alla presenza sul territorio”».

Siamo un paese pieno di stereotipi

Che il lavoro da fare in Italia contro la violenza sulle donne e contro gli stereotipi di genere sia ancora tanto è confermato da una ricerca Istat pubblicata il 25 novembre 2019. Come spiega la ricercatrice Claudia Villante su Lavoce.info, i risultati evidanziano infatti «la presenza di una quota rilevante di persone (sia uomini che  donne) che si dice “molto d’accordo” con affermazioni del tipo “una donna che non vuole un rapporto sessuale, riesce a evitarlo” (39,3 per cento) o, benché in percentuale minore, “una donna può provocare la  violenza sessuale con il suo modo di vestire” (quasi un cittadino su quattro). Il 15 per cento, poi, pensa che una donna che subisce violenza sessuale quando è ubriaca o sotto l’effetto di droghe sia almeno in parte responsabile». È importante dunque tenere alta l’attenzione sul problema, e soprattutto evitare di dare spiegazioni semplicistiche o opportunistiche a supporto di campagne che nulla hanno a che fare con il diritto delle donne alla libertà e alla sicurezza. Sono strategie pericolose e dai risvolti imprevedibili. Quindi meglio seguire il monito della campagna: pensaci prima.