
Ieri è cominciato per l’Italia il semestre alla guida del Consiglio dell’Unione europea. A tal proposito, vi sottoponiamo un piccolo quiz (non si vince nulla): chi ha presieduto questo organo comunitario nei sei mesi scorsi? Se qualcuno lo sa, ha tutta la nostra ammirazione, ma temiamo che la gran parte degli italiani ne sia all’oscuro. Con ciò, non vogliamo dimostrare nulla, ma introduciamo come ipotesi il fatto che il tanto annunciato “semestre europeo”, in realtà, non conti granché. Non tanto quanto vuole far credere il governo, almeno, che su questo avvenimento ha costruito la sua strategia di comunicazione nelle ultime settimane.
Il discorso di insediamento di Matteo Renzi si è concentrato soprattutto sulla ripresa dell’economia e su una maggiore coesione tra i Paesi membri, affinché si arrivi a una “sburocratizzazione”, piuttosto che a un’unione di burocrazie. «Non vogliamo cambiare le regole – ha detto in uno dei passaggi –, ma vogliamo anche la crescita, così come previsto dal patto fondativo firmato dai nostri padri. Non ci interessa giudicare il passato ma iniziare il futuro». Tutto l’intervento è stato di sicuro impatto, come sempre ci ha abituato il nostro presidente del Consiglio, ma non è altrettanto detto che dietro alle parole ci siano le condizioni e gli strumenti per trasformarle in fatti. «Insomma – scrive Francesco Saraceno su Pagina99 –, l’Europa di cui l’Italia sarà presidente di turno per i prossimi sei mesi rischia di somigliare troppo a quella che negli scorsi quattro anni è diventata il grande malato dell’economia mondiale: una quasi stagnazione permanente, una disoccupazione a livelli stabilmente alti, disoccupati scoraggiati, e il cui capitale umano e fisico si deteriorano mettendo in pericolo non solo la crescita presente, ma anche la capacità futura di creare ricchezza. Un’Europa, infine, le cui regole spingono i governi all’inerzia di fronte alla crisi e ad un’austerità perniciosa, che si affida per galleggiare ad una banca centrale il cui presidente Mario Draghi sta esaurendo le cartucce a sua disposizione».
Banca centrale, Mario Draghi, parole e nomi decisamente più familiari ai cittadini, visto che lì si prendono le decisioni, non ci si limita a coordinare le attività come succede nel Consiglio Ue. Come sempre si promettono risultati sproporzionati rispetto alle possibilità, e man mano che cresce il campo di gioco (prima il suo partito, poi l’Italia, ora l’Europa) vengono a galla tutti i limiti di questa logica. Secondo Mario Pinzauti, «l’estrema fiducia in se stesso e nella sorte con cui quest’uomo si batte come un leone non basteranno nei sei mesi di presidenza italiana dell’Unione a riportare tra tanti cittadini il desiderio di partecipare alla partecipazione del grande sogno di Altiero Spinelli e di tutti i federalisti per la realizzazione degli Stati Uniti d’Europa. E tuttavia potrebbero essere considerati un enorme successo – non solo per Renzi ma per tutti gli europeisti – se alla fine di essi almeno una parte della fiducia perduta negli anni precedenti fosse tornata nel rapporto tra l’Unione e il suo popolo». Ci auguriamo che qualche piccolo risultato sia raggiunto da qui alla fine dell’anno, intanto aspettiamo di vedere quali saranno le prossime mosse della squadra italiana al Consiglio europeo. Prima di chiudere, la soluzione del quiz: prima di noi ha presieduto la Grecia. Auguri.