
Se l’Italia non fosse diventata, a partire dagli anni Settanta, uno dei Paesi più corrotti in Europa, oggi forse non vivrebbe una situazione economica così drammatica. È quanto si evince da un bellissimo articolo pubblicato ieri da Alfredo Del Monte su Lavoce.info. L’economista elenca tutti fenomeni collegati alla corruzione, mettendo in luce in maniera molto chiara il peso che questa “tassa occulta” ha sulla condizione del Paese: «La corruzione: a) agisce come un’imposta e riduce il livello degli investimenti; b) premia e sviluppa le competenze degli agenti per ottenere risorse dalle amministrazioni pubbliche invece di premiare gli imprenditori migliori; c) modifica la composizione della spesa pubblica in quanto i politici corrotti preferiscono investire in grandi progetti (da cui è più facile estrarre tangenti) piuttosto che in piccoli progetti: si fanno le grandi dighe, ma non i sistemi di canalizzazione che portano acqua alle campagne; d) accentua la tendenza ad aumentare i controlli ex ante e quindi ad accrescere la complessità per le procedure di spesa e il numero di passaggi di una delibera fra i vari organismi amministrativi».
Di una chiarezza spietata questa analisi, e in effetti ogni punto di questo doloroso elenco fanno tornare in mente tutti i vizi più letali del malcostume politico e imprenditoriale italiano. Vizi ai quali ci siamo rassegnati, purtroppo, tanto che si fa fatica a tenere accesa l’attenzione sul tema. Ogni tanto balza alle cronache qualche indagine relativa a grandi opere e relativi episodi di corruzione, ma non si è vista da parte dei governi degli ultimi decenni una reale intenzione di affrontare il problema in maniera articolata. A farlo scivolare fuori dal dibattito pubblico è stata la ripresa economica che il Paese ha registrato durante gli anni ’90 del Novecento. La corruzione, dopo lo stop dovuto ai processi di Mani Pulite, ha ripreso a dilagare, facendoci precipitare nelle classifiche di Transparency International. Le leggi approvate dal Parlamento nella seconda metà degli anni 2000 hanno fatto il resto, riducendo i tempi di prescrizione per i reati di corruzione e depenalizzando il falso in bilancio. «Riduzione della probabilità di condanna e possibilità di mantenere, anche se scoperti, i guadagni risultato della corruzione hanno incentivato questa forma di reato». Anche il governo Monti ci ha messo del suo: «La legge Severino, approvata dal Governo Monti, accanto alle norme sulla decadenza e la non candidabilità, ha anche ridotto i reati e i tempi di prescrizione relativi all’induzione alla corruzione, fornendo ulteriori incentivi a comportamenti illegali». Da una parte si annunciavano “guerre” contro evasione fiscale e corruzione, dall’altra si fornivano ulteriori alibi ai trasgressori, ma non è certo ammorbidendo le norme che si otterrà un maggiore rispetto della legalità.
Il governo di Matteo Renzi ha preso una strada curiosa, istituendo un’Autorità anti corruzione, mettendo in pratica una proposta degli esecutivi che l’hanno preceduto: «Nessuno sui giornali internazionali dice che gli ultimi tre governi avevano proposto una Autorità anti corruzione, una buona proposta ma nessuno poi l’ha realizzata. Noi abbiamo fatto il decreto, scelto un giudice di Napoli che ha combattuto la camorra, un grande uomo, Raffaele Cantone, e investito in questa Autorità», ha detto Matteo Renzi da New York. Ecco, ora l’abbiamo riportato, ma aggiungiamo che ci piacerebbe a breve che fossero messe a posto alcune questioni, ossia i tempi di prescrizione per il reato di corruzione, la legge sul falso in bilancio, l’autoriciclaggio e contro il voto di scambio. Potrebbero evitarci, da qui ai prossimi decenni, ulteriori anni di austerity per rimettere a posto i conti dello Stato.