Per decenni, la chimica ha preso dalla natura ciò che questa ha da offrire e lo ha convertito in prodotti utili alla nostra società: basti pensare ai farmaci, ai coloranti, ai fertilizzanti o agli imballaggi alimentari. Ma l’attuale crisi ambientale, sia in termini di emissioni di anidride carbonica sia di inquinamento da plastica, è anche una “creatura” della chimica. Parte da questa considerazione un editoriale pubblicato di recente su Nature, in cui si sostiene che il settore chimico debba ripensare i propri metodi di lavoro affinché, dall’essere parte del problema, possa diventare parte della sua soluzione. Questo processo, aggiunge l’editoriale, dovrebbe partire dal modo in cui la chimica viene insegnata. Cosa che sta già in parte accadendo, anche se troppo lentamente.
Si cita per esempio il progetto di un’università coreana, grazie all’intelligenza artificiale, sta riuscendo con successo a trasformare alcuni rifiuti in sostanze utili in ambito farmaceutico e agricolo. Si tratta di uno dei più recenti contributi alla chimica verde (green chemistry), un movimento iniziato negli anni ’90 che cerca di trovare modi ecologici per realizzare reazioni chimiche, usando solventi meno inquinanti o riducendo il consumo energetico a innescarle. Da allora ci sono stati dei progressi, spiega Nature. È migliorata la gestione del riciclo della plastica e lo sviluppo di catalizzatori in grado di scomporre materiali altrimenti indistruttibili in molecole più piccole e utili. La ricerca sulla chimica sostenibile potrebbe ricevere un’ulteriore spinta grazie all’avvio dei colloqui per un trattato internazionale legalmente vincolante volto a eliminare l’inquinamento da plastica.
Ma affinché la ricerca progredisca più velocemente, è necessario un rinnovamento che parta dalle aule scolastiche e universitarie. «La didattica della chimica deve cambiare affinché agli studenti venga insegnato come progettare farmaci e prodotti agrochimici, come i fertilizzanti, in modi che siano sicuri e sostenibili», scrive Nature.
Alcune università attualmente offrono corsi post-laurea in chimica ambientale, verde o sostenibile, e i corsi scolastici e universitari stanno incorporando sempre di più nei programmi la chimica del cambiamento climatico e l’impatto della chimica su salute, ambiente e società.
Ma offrire agli studenti conoscenze e abilità per progettare prodotti in modo da ridurre al minimo o eliminare l’impatto sull’ambiente è una sfida ancora più grande. In molti paesi la sostenibilità non è ancora trattata come un concetto fondamentale nella didattica della chimica. Ed è preoccupante, si legge nell’editoriale, il fatto che in molti stati i programmi scolastici di chimica siano gli stessi che si insegnavano decenni fa.
I ricercatori che si occupano del tema chiedono che i curricula siano aggiornati per abbracciare un approccio sistemico. Questo insegnerebbe agli studenti sia come capire le connessioni tra gli elementi di un composto chimico o un prodotto, sia come quantificare gli impatti della chimica in senso più ampio, per esempio sull’economia e la società, l’ambiente e la salute.
Allo stesso tempo, anche ai contenuti dei corsi di chimica potrebbe giovare un ripensamento. I corsi di chimica organica sono «in gran parte orientati verso le trasformazioni di composti del carbonio da fonti fossili utilizzando reagenti chimici e catalizzatori», si legge in un commento pubblicato sul Journal of Chemical Education. Molti di questi composti sono difficili da riciclare e riutilizzare, o il riciclo è un elemento di importanza secondaria nel loro sviluppo e utilizzo. Inoltre, i reagenti coinvolti possono essere pericolosi. I ricercatori propongono che più studenti imparino la chimica dei composti prodotti dagli organismi viventi, un argomento già affrontato nei corsi di biochimica, e i composti più facili da riciclare. Questo aiuterebbe gli studenti a progettare prodotti biodegradabili, o che possano essere più facilmente scomposti e parzialmente riutilizzati.
«L’introduzione di concetti difficili presenta delle inevitabili difficoltà – conclude Nature –. Ma se gli studenti sono disposti ad accettare la sfida – e alcuni sondaggi sembrano confermarlo – questo assicurerà che la prossima generazione di chimici abbia le conoscenze e le abilità per guidare una rivoluzione ormai necessaria».
(Foto di Vedrana Filipovi? su Unsplash)
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