Fare cose difficili richiede una certa fatica e, in generale, non provoca sensazioni piacevoli. Eppure, in un modo o nell’altro, tutti siamo portati a immergerci, spesso volontariamente, in situazioni che ci richiedono uno sforzo. La scienza da tempo si interroga su quali meccanismi entrino in gioco in queste dinamiche.
Può trattarsi di sforzi fisici o mentali. C’è chi si appassiona all’arrampicata, alle maratone o altre imprese sportive. Altri invece occupano il tempo con complessi giochi da tavolo, cruciverba, videogiochi.
Come spiega il neuroscienziato Richard Sima sul Washington Post, la nostra propensione a fare cose difficili è ciò che i ricercatori chiamano il paradosso dello sforzo: sforzarsi è faticoso e sgradevole, ma è qualcosa a cui gli esseri umani danno valore.
Ovviamente, come tutti sappiamo, tale ricerca non è una condizione costante. Quando si presenta la possibilità di scegliere tra due compiti cognitivi, le persone tendono a preferire quello più facile e sono disposte ad accettare minori ricompense pur di non doversi impegnare di più. Uno studio recente, spiega Sima, ha scoperto che le persone arrivano ad accettare il dolore fisico pur di evitare compiti cognitivamente impegnativi.
Eppure, allo stesso tempo, c’è qualcosa che ci attrae anche verso le cose difficili. Una ragione ovvia per cui ci sforziamo è il prodotto finale, che sia un trofeo, un record personale o un premio di produttività. Ma non è solo questo
«Le tecniche di neuroimaging – spiega il Post – mostrano che lo striato ventrale, una regione del cervello che svolge un ruolo chiave nell’elaborazione dei risultati gratificanti, si attiva maggiormente quando otteniamo qualcosa con uno sforzo maggiore rispetto a uno sforzo minore». Più una cosa richiede uno sforzo, dunque, più tendiamo a darle valore.
Uno studio suggerisce che la risposta potrebbe risiedere nello sforzo stesso. I ricercatori hanno scoperto che premiare lo sforzo, e non il risultato, spinge le persone a cercare compiti più difficili in seguito, anche se non ottengono ulteriori ricompense.
Nel primo esperimento della ricerca, a 121 persone sono stati applicati degli elettrodi per monitorare la loro attività cardiovascolare come misura dell’impegno del loro cervello in una prova di memoria.
Un gruppo di partecipanti è stato premiato in base all’impegno. Un altro gruppo è stato premiato con somme di denaro casuali, indipendentemente dallo sforzo.
Poi, gli stessi partecipanti hanno dovuto completare un’altra sfida cognitiva, risolvendo problemi di matematica e potendo scegliere la difficoltà. Ai partecipanti è stato detto che non sarebbero stati pagati per questa parte dell’esperimento.
Nonostante la mancanza di una ricompensa economica, i partecipanti che erano stati in precedenza ricompensati per i loro sforzi hanno deciso di affrontare problemi più difficili rispetto a quelli che hanno ricevuto ricompense casuali.
La seconda serie di esperimenti, condotta online con quasi 1.500 partecipanti, ha dato un risultato simile.
Lo studio suggerisce quindi che possiamo imparare a “goderci il viaggio”, indipendentemente dalla destinazione. Lo sforzo stesso può essere gratificante.
Il modo in cui valutiamo lo sforzo è determinato da ciò che sperimentiamo nella vita quotidiana, spiega Sima. A scuola e al lavoro si tende a premiare i risultati e i successi più che l’impegno. Tuttavia, la breve prova che ha coinvolto i partecipanti è stata sufficiente a far apprezzare il valore intrinseco del lavoro mentale.
Potrebbe essere un punto di partenza per capire come abituare se stessi a impegnarsi di più. Che non significa andare sempre al massimo in tutti i settori della vita: lo sforzo eccessivo, il burnout e le possibili conseguenze negative non sono risultati auspicabili.
Ma essere in grado di impegnarsi a fondo è un’abilità utile per raggiungere obiettivi impegnativi e importanti. Uno studio in fase di preprint, non ancora sottoposto a peer-review, ha rilevato che le persone che trovano un significato nei loro sforzi tendono a riportare anche maggiore soddisfazione nella vita. Il valore che diamo allo sforzo è il motivo per cui siamo in grado di scalare montagne e di trovare quella riserva di forza nascosta che ci permette di affrontare una gara o rispettare una scadenza ravvicinata.
Noi ci siamo
Quando è nata Avis Legnano i film erano muti, l’Italia era una monarchia e avere una radio voleva dire essere all’avanguardia. Da allora il mondo è cambiato, ma noi ci siamo sempre.