Gli atleti di alto livello, per continuare a essere tali, si sottopongono ad allenamenti che portano i loro corpi a fare sforzi notevoli, che richiedono continue pratiche di recupero e mantenimento della forma. Di conseguenza, diventano un bersaglio ideale per il marketing di prodotti per la salute e il fitness, i cui principi ed effetti non sempre sono supportati da evidenze scientifiche.

Può sembrare un controsenso, visto che ci si aspetta che chi sta ai massimi livelli sia esposto alle terapie e pratiche più avanzate. Ma in realtà, come scrive il ricercatore Nick Tiller su Psyche, la medicina complementare e alternativa (CAM) è molto diffusa nel mondo dello sport. «Circa il 50-80% degli atleti ricorre a terapie alternative, contro il 40% stimato del pubblico in generale. Che è un paradosso: gli atleti, che in genere hanno maggiore bisogno di un recupero efficace, sono più propensi a investire in interventi non comprovati e potenzialmente dannosi, che probabilmente dipendono parzialmente o interamente da un effetto placebo».

Per capire di cosa stiamo parlando, Tiller fa alcuni esempi. Su tutti quello di Michael Phelps, nuotatore e atleta olimpionico di maggior successo nella storia. Alle finali delle Olimpiadi del 2016, Phelps si presentò con delle evidenti macchie viola su diverse parti del corpo. Erano il risultato della “coppettazione”, un’antica pratica cinese che consiste nel coprire le zone doloranti o che hanno subito lesioni con piccole coppe di vetro, da cui viene aspirata l’aria utilizzando un dispositivo di aspirazione o un meccanismo riscaldato. La coppettazione è stata screditata dalla comunità scientifica, con numerosi report che non mostrano alcun beneficio e anzi mettono in guardia dai potenziali danni.

Le ragioni per cui gli atleti sono attratti dalle terapie alternative sono molteplici, spiega Tiller. Innanzitutto, come esseri umani siamo portati a cercare una “soluzione rapida”, e le strategie di marketing sono studiate per sfruttare le distorsioni del ragionamento umano al fine di vendere prodotti. Gli atleti sono particolarmente suscettibili a questo approccio perché lo sport di alto livello incoraggia a “vincere a tutti i costi”. Poiché tutti gli atleti, tranne i pochi che guadagnano moltissimo, percepiscono stipendi modesti, sono sottoposti a una forte pressione per ottenere premi e sponsorizzazioni. Inoltre, sono consapevoli del modo in cui i successi sportivi influenzano le loro carriere. Quando la differenza tra l’oro e l’argento può essere infinitamente piccola, è comprensibile che gli atleti si attacchino a qualsiasi possibilità di vantaggio, indipendentemente da quanto possa sembrare solida.

In secondo luogo, prosegue Tiller, i placebo possono avere potenti effetti psicobiologici. Alcuni esperti ritengono che i vantaggi psicologici nello sport siano più importanti di quelli fisici. Quando un atleta è stanco e dolorante, desideroso di tornare ad allenarsi, l’integrità scientifica potrebbe non essere in cima ai suoi pensieri. La maggior parte degli atleti di alto livello (67%) intervistati per uno studio hanno dichiarato che sarebbero stati felici di sottoporsi a una finta cura che utilizzi un placebo, purché sia efficace nel migliorare le prestazioni.

Un’altra spiegazione della popolarità delle CAM nello sport d’élite è l’insoddisfazione o la sfiducia nella scienza convenzionale, o il rifiuto delle norme sociali. Per quanto riguarda i consigli nutrizionali, per esempio, molti atleti ammettono di fidarsi più delle opinioni dei loro pari che di quelle di esperti qualificati, e questo è un sintomo di un problema sociale più ampio. Nell’ultimo decennio si è assistito a un’impennata dei movimenti antiscientifici e ad attacchi senza precedenti contro gli scienziati, tra cui spiccano le aggressioni dei negazionisti del cambiamento climatico e della lobby anti-vaccini. Una terapia può quindi diventare popolare semplicemente perché sfida l’ordine stabilito.

La sponsorizzazione degli atleti è un altro fattore importante, spiega Tiller. Molti atleti decidono di stipulare accordi di sponsorizzazione con agenzie di marketing, spesso sfruttando il loro grande seguito sui social media, pubblicizzando prodotti non supportati da basi scientifiche. È ovvio che questo non dice nulla sulla loro efficacia.

Infine, va rilevato che raramente gli atleti professionisti si allenano e si curano da sé. La maggior parte degli atleti di alto livello sono supportati da una squadra di medici, fisiologi, nutrizionisti e psicologi, e spesso dipendono dai loro allenatori e consulenti scientifici per molti aspetti dell’allenamento, dell’alimentazione e del recupero. Sebbene gli interventi vengano generalmente discussi in gruppo, a volte le scelte vengono fatte da chi dirige questa squadra, e dipendono quindi dalle inclinazioni di un singolo.

Purtroppo, la diffusione delle CAM nella salute e nello sport ha implicazioni negative per la pratica clinica, conclude Tiller. Si ritiene che gli atleti più famosi siano stati i pionieri dell’aumento nell’uso delle CAM tra la popolazione in generale.

(Foto di Gentrit Sylejmani su Unsplash)

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