Quando si parla della NATO, si pensa subito agli aspetti militari dell’organizzazione. Questi sono indubbiamente centrali nella sua azione, che comprende anche una serie di attività scientifiche, incentrate in gran parte su progetti di difesa e sicurezza civile. Tra questi ce ne sono alcuni che studiano come il cambiamento climatico influisca sulle guerre, o come le tecnologie emergenti possano migliorare le prestazioni dei soldati e ridurre la discriminazione e l’intolleranza tra il personale militare.

Come spiega un articolo su Nature, gran parte della ricerca della NATO avviene attraverso l’Organizzazione per la Scienza e la Tecnologia (STO), una rete di oltre 6.000 scienziati, nei laboratori nazionali e nell’industria. Gli Stati membri della NATO e i Paesi non membri contribuiscono ogni anno con circa 350 milioni di euro al lavoro di questa rete.

Lo STO ha anche un proprio laboratorio di ricerca, il Centro di Ricerca e Sperimentazione Marittima (CMRE) di La Spezia, in Italia, che impiega circa 150 persone.

Ma perché la NATO è interessata alla ricerca sul clima? La preoccupazione nasce dal fatto che il cambiamento climatico ha un impatto significativo sulla sicurezza. Lo scioglimento dei ghiacci marini crea nuove rotte per la navigazione navale nell’Artico, ad esempio.

La NATO è anche interessata a come i cambiamenti di temperatura potrebbero influenzare la sicurezza dei suoi Paesi membri e non membri, nonché delle installazioni militari in tutto il mondo, prosegue l’articolo. I ricercatori del CMRE hanno scoperto che i sottomarini potrebbero diventare più difficili da individuare con i sonar nell’Oceano Atlantico settentrionale con l’aumento della temperatura dell’acqua.

In un altro studio, presentato alla conferenza dell’Unione Europea di Geoscienze a Vienna, i ricercatori del CMRE hanno valutato come le condizioni meteorologiche estreme potrebbero influenzare 91 basi e installazioni militari della NATO. I ricercatori hanno scoperto che, con il continuo aumento delle emissioni, molte basi e installazioni potrebbero diventare suscettibili ai cambiamenti climatici.

Nel 1958, la NATO ha istituito borse di studio e progetti di ricerca nell’ambito di quello che poi è diventato il programma SPS (Science for Peace and Security), per promuovere la collaborazione tra nazioni come gli Stati Uniti e l’Unione Sovietica. A quel tempo la scienza forniva un percorso di cooperazione tra le superpotenze avversarie. Le borse di studio e i progetti di collaborazione hanno continuato a fornire un punto di contatto tra la NATO e la Russia fino al 2014, quando la Russia ha invaso la Crimea. In quell’anno, Russia, Romania e Stati Uniti stavano sviluppando congiuntamente un sistema per collegare le capacità di telemedicina tra i tre Paesi, al fine di fornire assistenza medica in situazioni remote e di emergenza. Tuttavia, l’invasione ha spinto la NATO a congelare la cooperazione con la Russia.

(Immagine da freepik)

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